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Sky nel digitale terrestre

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2010 alle ore 08:04.


MILANO
Sky Italia sbarca nell'agone del digitale terrestre, il campo di battaglia della nuova tv dal quale fino a oggi era stata esclusa a causa della bulimica quota di mercato detenuta sull'offerta pay. Lo ha deciso ieri la Commissione Ue – con il vicepresidente Antonio Tajani schierato per il no – dando il via libera a Rupert Murdoch, che controlla Sky Italia, a partecipare alla gara di assegnazione delle frequenze per il digitale. Due i paletti: la frequenza (multiplex) assegnata non dovrà essere più d'una e niente offerte a pagamento per i prossimi cinque anni, ma solo canali in chiaro.
Dal cielo alla terra, dal satellite al digitale. Cade uno degli ultimi tabù del piccolo schermo, con due schiere industriali (e politiche) di contenti e scontenti e Mediaset infuriata che già tuona una battaglia durissima da iniziare con un ricorso alla Corte di giustizia europea.
«La Commissione Ue – spiega una nota di Bruxelles – ha accettato di sollevare Sky Italia da un impegno sottoscritto nel 2003 che le impediva di partecipare alla gara di aggiudicazione delle frequenze per la televisione digitale terrestre», impegno che avrebbe dovuto concludersi il 31 dicembre 2011. Ma sono cambiate le condizioni di mercato, è il messaggio della Commissione, visto che in questi sette anni nel digitale terrestre «hanno fatto il loro ingresso sul mercato italiano delle pay tv nuovi soggetti». Oggi lo spettro delle frequenze è detenuto da operatori già presenti sul mercato: «Su 21 multiplex riservati per la trasmissione digitale, 16 sono attribuiti o ne è prevista l'attribuzione – ricorda la Commissione – con Mediaset, Rai e Telecom Italia che ne hanno undici».
«Siamo estremamente soddisfatti della decisione odierna - è il commento di Tom Mockridge, amministratore delegato di Sky Italia - perché la Commissione europea ha confermato che il mercato televisivo italiano ha vissuto grandi cambiamenti negli ultimi anni, cambiamenti avvenuti anche grazie al costante impegno di Sky Italia nell'introdurre più concorrenza, più innovazione e più scelta in un mercato storicamente dominato da due soli operatori».
Di segno opposto la reazione di Mediaset: «È assolutamente sconcertante la decisione presa dalla Commissione Ue – spiega in una nota – e riteniamo che le condizioni fissate nel 2003 che impedivano a Sky di entrare nella tv digitale terrestre sino al 2012 in virtù della sua posizione dominante sul mercato pay siano ancora valide». E ancora: «Con questa decisione si autorizza il monopolista della televisione satellitare e pay a operare nel mercato free e lo si autorizza a entrare in possesso degli asset frequenziali già insufficienti per gli operatori attuali. Non dimentichiamo che Sky detiene il 99,8% della pay tv satellitare e l'86% della tv a pagamento».

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Tags Correlati: Andrea Ambrogetti | Benedetto Della Vedova | Bruxelles | Corte di Giustizia | Dfree | Dgtvi | Mediaset | Paolo Gentiloni | Paolo Romani | RAI | Rupert Murdoch | Sky Italia | Telecom | Telecomunicazioni | Tom Mockridge

 

Dello stesso parere il viceministro allo Sviluppo Paolo Romani, che dà una spiegazione "tecnica" a questo verdetto comunitario che giudica «ingiustificato e grave». Secondo Romani, infatti, «è bene tenere presente che per riservare 5 frequenze da destinare al dividendo digitale l'Italia ha sottratto risorse frequenziali a ciascuno dei principali operatori nazionali e ha rinunciato (nelle aree già digitalizzate) e dovrà rinunciare ad assegnarle (nelle aree ancora da digitalizzare) agli altri operatori e a oltre 500 piccole televisioni locali». Stessi toni per Andrea Ambrogetti, presidente di Dgtvi, l'associazione che riunisce Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Dfree e le associazioni di tv locali Frt e Aeranti-Corallo: «La decisione che ammette Sky al beauty contest delle frequenze digitali – sostiene Ambrogetti – è una palese ingiustizia».
Tornando ai risvolti più politici di questa battaglia, se (quasi) tutto il centro-sinistra plaude alla decisione di Bruxelles, con l'ex ministro Paolo Gentiloni che parla di «una buona notizia per i telespettatori italiani», nel centro-destra si conta la posizione "eterodossa" di Benedetto Della Vedova, che condivide le motivazioni «di una scelta equa da parte della Commissione, che accrescerà senza dubbio la concorrenza sul mercato televisivo italiano».
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