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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2010 alle ore 23:04.
«La "T" del logo Fiat significa Torino. Se si ridimensiona, o peggio se si cancella, il ruolo di Torino, è la stessa Fiat a perdere di significato». Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, in una telefonata con l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha ricevuto qualche rassicurazione sul futuro dello stabilimento di Mirafiori, ma non per questo il primo cittadino indulge ad un facile ottimismo.
È ipotizzabile una Torino senza Fiat, dopo che per anni si sono moltiplicate le voci su un futuro non industriale della città?
Non solo non è ipotizzabile la scomparsa della Fiat, ma non sarebbe socialmente sostenibile neppure un ridimensionamento. Perché al di là dei dipendenti di Mirafiori, ci sarebbero ricadute inaccettabili sull’indotto, con ripercussioni numericamente ancor più rilevanti.
Dunque l’industria resta fondamentale? Ma quale industria?
Certo che resta fondamentale, anche se deve cambiare. Per questo ho espresso al ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, il mio apprezzamento per la decisione di creare un tavolo di confronto con azienda e sindacati sul futuro della Fiat. Ma occorrerà anche l’intervento del governo a sostegno di una politica industriale che preveda il sostegno all’innovazione, alla ricerca. Certo non possiamo prevedere finanziamenti alla produzione, come quelli offerti dalla Serbia, ma la ricerca deve essere sostenuta. Ovviamente in cambio di precise garanzie da parte del’azienda. È finita l’epoca dei regali all’industria, ma questo non significa rinunciare ad intervenire con una seria politica industriale che punti sull’innovazione e la ricerca.
Una ricerca che proceda in quale direzione?
Penso a iniziative a favore della mobilità sostenibile, a nuovi propulsori. Ricerche che possono essere effettuate solo a Torino, dove con il Politecnico e con centri ricerche privati, si è all’avanguardia in questi settori. È qui che c’è il know how, che c’è il quartier generale del gruppo. Fiat e Politecnico, d’altronde, stanno già collaborando da tempo e in diversi settori. Non avrebbe senso costruire, altrove, cattedrali nel deserto legate ad esempio all’auto elettrica che qui si sta già studiando, sperimentando. Ma occorre investire, risorse pubbliche, come hanno fatto tutti i governi del’Europa occidentale e degli Stati Uniti. Poi, indubbiamente, serve anche il "corpo" la fabbrica e la produzione, con i suoi numeri reali, i suoi volumi, le vetture da immettere ora sul mercato.