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Economia Aziende

La crisi frena i porti turistici

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2010 alle ore 08:02.


GENOVA
Circa 8mila nuovi posti barca in meno rispetto alle previsioni fatte l'anno scorso, in base ai progetti già avviati. Il business delle "marine" tampona a suo modo gli effetti della crisi del 2008 e 2009 e di norme penalizzanti (su Iva e i canoni demaniali): tira il freno sul completamento di porticcioli già in costruzione.
A testimoniarlo sono Assomarinas e Assonat, le due associazioni che raggruppano i porti turistici italiani.
Nell'agosto del 2009 si prevedeva che l'Italia avrebbe avuto 18mila posti barca in più. Invece, i più recenti dati raccolti da Assomarinas, che arrivano a fine giugno 2010, dipingono una realtà al ribasso.
Un aumento dei posti barca, anche significativo, c'è stato ma "solo" di 10mila unità. Per gli altri 8mila bisognerà aspettare, presumibilmente, il 2011. Tenendo conto che sono attualmente in costruzione 28 porticcioli per un totale di 16.770 posti. Inoltre è già pianificata la realizzazione di altri 51 porti (in alcuni casi si tratta di ampliamenti di marine già esistenti) per ulteriori 24.252 posti.
«Gli 8mila posti in meno rispetto alle previsioni dell'anno scorso - afferma Roberto Perocchio, presidente di Assomarinas - sono dovuti principalmente a ragioni economiche. Per noi questo è il momento peggiore della crisi, con un giro d'affari in calo tra il 5 e il 10%. E si tratta di percentuali notevoli, perché i porticcioli hanno margini di entrate risicati: una volta venduti i posti barca, ci si basa sull'economia determinata dai transiti, dalle piccole manutenzioni. E mentre nel 2009 la situazione ci appariva più ottimistica, ora registriamo un calo degli interventi di manutenzione e delle spese per l'acquisto di carburanti. Inoltre i tragitti dei diportisti risultano dimezzati: i nostri clienti hanno meno tempo da dedicare alla barca perché devono seguire le loro aziende.
In aggiunta si risparmia di più, perché i patrimoni fatti di asset azionari e immobiliari non arrivano più a sorreggere determinati stili di vita. Siamo, dunque, di fronte a un mercato affaticato, anche se, in generale, rileviamo che la passione per la barca resta intatta».
Oltre a questi problemi, si aggiungono quelli di natura normativa. Ad esempio l'Iva sugli ormeggi fissata al 20%. «Questa imposta - sostiene Luciano Serra, presidente di Assonat - dovrebbe scendere al 5-8% come in Francia. Senza contare la questione delle concessioni demaniali: con le nuove norme in materia le concessioni costeranno otto volte di più del 2007. La politica fiscale del Governo non ha mai posto rimedio alla questione dell'Iva e, con le concessioni, ha dato un'ulteriore botta al settore (anche perché i progetti di alcuni porticcioli erano stati messi a punto contando su concessioni a canoni più bassi, ndr)».

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Tags Correlati: Anton Francesco Albertoni | Assomarinas | Assonat | Confindustria | Consiglio dei Ministri | Francia | Italia | Luciano Serra | Roberto Perocchio | Trasporti e viabilità | Ucina

 

Per spiegare la crescita col freno tirato dei posti barca, Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina, la Confindustria nautica, precisa che «se, da un lato, le motivazioni vanno ricercate nella crisi economica, dall'altro pesa la notevole aspettativa in atto per il federalismo demaniale, già passato al vaglio del consiglio dei ministri, che rivoluzionerà le normative attuali. Anche per i prezzi dei canoni, gli interlocutori diventeranno sempre più locali e, in attesa che la situazione si definisca, chi sta promuovendo nuovi progetti aspetta di capire come saranno le nuove regole».
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