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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2010 alle ore 09:52.
CAMBRIDGE – Il pacchetto di aiuti da 140 miliardi di dollari, che il governo greco ha ricevuto alla fine dai partner dell’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, offre la giusta tregua per affrontare l'arduo compito di sistemare le proprie finanze. Il pacchetto potrebbe evitare che Spagna e Portogallo facciano la stessa fine, e potrebbe persino scongiurare un’eventuale inadempienza greca, ma non è detto. In ogni caso, qualunque sia il risultato, è chiaro che il grave fallimento ellenico ha inferto un duro colpo all’Unione Europea.
In fondo, la crisi non è che un’altra manifestazione di quello che io definisco trilemma politico dell’economia mondiale: globalizzazione economica, democrazia politica e stato-nazione non sono reciprocamente compatibili. Possiamo averne al massimo due allo stesso tempo. La democrazia è compatibile con la sovranità nazionale solo se conteniamo la globalizzazione. Se insistiamo sulla globalizzazione mentre conteniamo lo stato-nazione, dobbiamo rinunciare alla democrazia. E se, invece, vogliamo democrazia e globalizzazione insieme, dobbiamo lasciare da parte lo stato-nazione e perseguire una maggiore governance internazionale.
La storia dell’economia mondiale ci mostra come si manifesta il trilemma. La prima era di globalizzazione, durata fino al 1914, fu un successo fin tanto che le politiche monetarie ed economiche non subirono pressioni politiche nazionali. Queste politiche furono poi completamente assoggettate alle richieste di gold standard e di libera mobilità dei capitali. Ma una volta esteso il privilegio politico, la classe operaia iniziò ad organizzarsi, la politica di massa divenne la norma, e gli obiettivi nazionali economici iniziarono a scontrarsi con regole e vincoli esterni (anche sopraffacendoli).
Il caso tipico è il ritorno al sistema aureo, se pur di breve durata, che la Gran Bretagna visse nel periodo interbellico. Il tentativo di ricostituire il modello di globalizzazione precedente alla Prima Guerra Mondiale fallì nel 1931, quando la politica nazionale costrinse il governo britannico a preferire la reflazione nazionale al gold standard.
Gli artefici del sistema di Bretton Woods avevano ben in mente questa lezione quando nel 1944 riprogettarono il sistema monetario mondiale. Compresero che i paesi democratici avevano bisogno di spazio per condurre politiche fiscali e monetarie indipendenti, quindi pensarono solo a una globalizzazione magra, con flussi di capitale prevalentemente limitati alla concessione di prestiti a lungo termine. John Maynard Keynes, che scrisse le regole insieme a Harry Dexter White, non vedeva i controlli di capitale come un espediente temporaneo, bensì come un tratto distintivo permanente dell’economia globale.