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Come bilanciare gli elevati risparmi della Cina

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2010 alle ore 09:52.


PECHINO – Il tasso di risparmio della Cina è stato molto elevato negli ultimi anni, con un valore pari al 52% del PIL nel 2008 (l’ultimo anno per il quale sono disponibili le statistiche), ed è stato spesso considerato responsabile degli odierni squilibri globali. Secondo la saggezza convenzionale, i paesi che risparmiano eccessivamente sono i più propensi ad esportare, creando così elevati surplus nella bilancia commerciale e aumentando le riserve di valuta estera.

Questo non è però sempre vero. Ad esempio, se risparmio $100, ma allo stesso tempo investo $100 nelle immobilizzazioni delle mie aziende, sono bilanciato internamente e non incorro in un surplus di esportazioni con nessuno.

Tale esempio spiega la recente situazione economica della Cina. Alla fine del 2009 e agli inizi del 2010, il tasso di risparmio della Cina avrebbe tranquillamente potuto mantenersi intorno al 50% del PIL, considerato che il surplus commerciale non aveva registrato una riduzione significativa rispetto agli anni precedenti. In realtà, per un breve periodo, la Cina ha registrato un deficit commerciale, dato che gli elevati investimenti in immobilizzazioni (dovuti alle politiche di stimolo del governo varate sulla scia della crisi finanziaria globale) alimentavano la domanda interna di beni come succederebbe nel caso in cui i consumatori spendessero maggiormente.

Solo quando un paese investe meno in immobilizzazioni rispetto alle riserve che accumula, sarà visibile nella bilancia commerciale l'eccedenza di risparmio. La stessa logica può essere applicata all’economia americana, ma in senso opposto: anche se gli Stati Uniti vogliono consumare molto e non risparmiano, potrebbero non incorrere in deficit commerciali se non eccedono negli investimenti. Subiscono un deficit commerciale solo quando gli investimenti sono elevati e al contempo non vengono ridotti i consumi.

I risparmi, ovviamente, non sono un fattore negativo. Se americani ed europei avessero risparmiato maggiormente, avrebbero potuto evitare di generare gli squilibri globali che hanno alimentato la crisi finanziaria o i continui problemi di debito sovrano, diffusi a livello mondiale. Inoltre, i risparmi sono particolarmente positivi per i paesi in via di sviluppo. Una delle sfide più preoccupanti per i paesi poveri è la necessità di accumulare capitale di investimento dovendo contare su un livello di risparmio basso e non potendo contrarre eccessivi debiti esteri.

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Tags Correlati: Banca Popolare | Cina | Risparmio personale |

 

Anche per un’economia in via di sviluppo come la Cina, con un reddito pro capite di $ 3.000, creare ricchezza nei ceti medi resta una questione centrale. È di vitale importanza, infatti, stimolare una rapida crescita delle piccole e medie imprese attraverso considerevoli investimenti in beni materiali e programmi R&D, nonché sviluppare migliori infrastrutture e promuovere una rapida urbanizzazione – tutte attività che richiedono molti risparmi da investire.

Facendo un qualsiasi confronto internazionale, lo stock di capitale fisico pro capite cinese è sempre 8-10 volte inferiore rispetto a quello di paesi avanzati come Stati Uniti e Giappone. Senza una notevole riserva di risparmi, un paese in via di sviluppo come la Cina potrebbe non mettersi mai alla pari.

Se un paese in via di sviluppo, per una serie di fattori strutturali, conta su una sovrabbondanza di risparmi (nonostante tenti anche di incrementare i consumi attuali), la migliore strategia non è quella di ridurre i risparmi attraverso shock esterni a breve termine, quali un drastico apprezzamento del tasso di cambio, che potrebbe uccidere le aziende di export da un giorno all'altro, ma piuttosto, quella di orientare maggiormente – e in maniera più efficiente – i risparmi verso gli investimenti a livello nazionale, così da evitare elevati squilibri esterni.

La Cina dovrebbe, ad esempio, impiegare l'ampia riserva di risparmi attualmente a disposizione per costruire infrastrutture nel paese e accelerare il processo di urbanizzazione, gettando così basi più solide per uno sviluppo futuro. I risparmi potrebbero rimanere alti, anche con una crescita lenta dei consumi attuali, mentre la bilancia commerciale sarebbe tenuta sotto controllo dalla domanda più alta di beni capitali importati.

Inoltre, gli investimenti nelle infrastrutture pubbliche e nell’urbanistica non creeranno sovracapacità industriale, ma, al contrario, forniranno beni durevoli di consumo a lungo termine che le famiglie e le aziende utilizzeranno per gli anni a venire. Se la Cina continuerà su questa strada, il suo surplus esterno diminuirà ulteriormente, ferme restando le altre condizioni.

Naturalmente, un paese deve fare i conti con un tasso di risparmio che è troppo alto, pur non essendo necessariamente la causa principale degli squilibri esterni. Questa è, senza dubbio, la sfida che la Cina si troverà ad affrontare nel lungo periodo. Un tasso di risparmio pari al 50% del PIL è troppo alto in ogni caso, e un tasso di consumo delle famiglie pari al 35% del PIL è troppo basso.

A questo fenomeno, però, possono e devono porre rimedio politiche interne volte al cambiamento strutturale, e non politiche esterne come l’apprezzamento del tasso di cambio. Senza cambiamenti strutturali interni, l’apprezzamento della divisa non solo comprometterebbe le esportazioni, ma potrebbe anche diminuire le importazioni, a causa di un aumento della disoccupazione e di una riduzione dei redditi.

La Cina deve riconoscere che risparmi elevati non produrranno una crescita stabile nel lungo periodo. Cospicui investimenti a livello nazionale potrebbero per il momento evitare che l'eccedenza di risparmio faccia troppa pressione sull’equilibrio esterno, ma, considerati i trend commerciali cinesi, una crescita senza un incremento dei consumi interni non è sostenibile nel lungo periodo.

Elevati investimenti potrebbero causare il surriscaldamento dell’economia, nonché l’incremento del prezzo dei beni capitali nel medio termine, innescando quindi l’inflazione. È pertanto necessario abbassare il tasso di risparmio per raggiungere un equilibrio interno ed esterno.

Nel frattempo, la cosiddetta politica di crescita basata sulle esportazioni della Cina potrebbe anche non essere sbagliata per un paese in via di sviluppo, perché il commercio internazionale, in genere, crea più posti di lavoro e genera più reddito. Ma se le esportazioni continueranno a crescere senza un corrispettivo incremento delle importazioni, che incentivano i consumi, si verificheranno delle distorsioni e si registrerà un aumento del surplus commerciale e delle riserve estere.

La Cina ha adottato alcune politiche per limitare l’eccedenza commerciale, come ad esempio la riduzione dei dazi di importazione, la revoca delle agevolazioni fiscali per i beni esportati e il graduale apprezzamento del tasso di cambio. Ma ciò di cui ha realmente bisogno la Cina è un maggiore impegno volto a promuovere i consumi interni e a ridurre il tasso di risparmio.

Fan Gang è professore di economia all’Università di Pechino e all'Accademia cinese di scienze sociali, direttore dell'Istituto cinese di ricerca economica, segretario generale della Fondazione per le riforme in Cina e membro della Commissione sulle politiche monetarie della Banca popolare cinese.

Copyright: Project Syndicate, 2010.www.project-syndicate.orgTraduzione di Simona PolverinoPer un podcast di questo articolo in inglese:

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