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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2010 alle ore 08:03.
MILANO
Le imprese tagliano la domanda di credito: meno business, meno investimenti uguale minore necessità di finanziamenti. E forse anche di capitale circolante.
Secondo il Barometro Crif, la domanda di credito da parte delle imprese italiane nel primo semestre 2010 ha fatto segnare un secco -9%, rispetto ai valori dello stesso periodo del 2009. A prima vista un dato contraddittorio rispetto alla ripresina dell'economia e dei prestiti "erogati" che, secondo Banca d'Italia, sono aumentati del 3,2% nei primi tre mesi del 2010.
Per la società bolognese un dato sulle richieste così negativo è imputabile, almeno in parte, a un confronto sfavorevole: in effetti la domanda del primo semestre del 2009 aveva toccato un picco del +21%. «Il trend tracciato - spiega Enrico Lodi, direttore generale di Crif - pone in evidenza le reazioni delle imprese: dopo il riflesso "di pancia" con l'impennata della domanda del primo semestre 2009, come se l'aspettativa fosse di un imminente e drammatico razionamento del credito, le richieste si sono riposizionate su livelli più razionali, che spiegano il calo del primo semestre 2010. D'altro canto, negli ultimi 18 mesi è stata registrata una significativa contrazione della propensione ad investire, in attesa di un consolidamento della ripresa».
Tuttavia rispetto alla prima parte del 2008 e del 2007 la domanda di credito delle imprese nella prima metà di quest'anno è cresciuta, rispettivamente, del l'11 e del 19 per cento. I dati rilevati sono sempre del Barometro Crif sulla domanda di credito delle imprese e sono relativi a oltre otto milioni di linee di credito attribuite a utenti business.
Dal mondo delle imprese tutti concordano sulla relazione tra calo dell'attività e domanda di credito. A Graziano Verdi, ad di Granitifiandre (gres per pavimenti, 152 milioni di ricavi nel 2009), «il calo sembra fisiologico pur in uno scenario di moderata ripresa economica. Ora le banche sono molto più selettive di un tempo e le aziende lo sanno bene. Forse però in passato si è dato molto a chi non aveva le giuste capacità gestionali e poco a chi invece le aveva».
Anche per Ezio Colombo, presidente di Ficep (macchine e sistemi di automazione e 150 milioni di fatturato), «il crollo dell'attività nel nostro settore, -34%, ha influito moltissimo sulla richiesta di nuovi fidi. Per Ficep invece la contrazione è stata "solo" del 10% e, infatti, la domanda di credito è rimasta sostanzialmente stabile. Anzi poteva essere maggiore se, per problemi autorizzativi, ci fosse stato dato il via libera alla ristrutturazione di un vecchio stabilimento. Che comunque avvieremo in questi mesi con un investimento di dieci milioni di euro».