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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2010 alle ore 14:21.
BERKELEY – Uno dei peggiori segreti dell’economia è che non esiste una teoria economica. In pratica, non esiste una serie di principi fondamentali su cui poter basare i calcoli che spiegano i risultati economici del mondo reale. Dovremmo tenere a mente questo limite della conoscenza economica quando spingiamo al massimo l'austerità fiscale in tutto il mondo.
Diversamente dagli economisti, i biologi, ad esempio, sanno che ogni cellula funziona sulla base delle informazioni per la sintesi proteica codificate nel suo DNA. I chimici si basano su quello che i principi di Heisenberg e Pauli, insieme alla tridimensionalità dello spazio, ci dicono sulle configurazioni degli elettroni stabili. I fisici iniziano con le quattro forze fondamentali della natura.
Gli economisti non hanno nulla di tutto questo. I principi economici che sostengono le loro teorie sono un inganno: non sono verità fondamentali ma mere manopole da girare e regolare in virtù delle giuste conclusioni che emergono dall'analisi.
Le giuste conclusioni dipendono da quale dei due tipi di economisti si è. Il primo sceglie, per ragioni non economiche e non scientifiche, un orientamento politico e una serie di alleati politici, e gira e regola le sue ipotesi fino a giungere alle conclusioni che meglio si adattano al suo orientamento e che possono compiacere gli alleati. Il secondo prende tutte le ossa della storia, le butta in una casseruola, accende il fuoco e le fa bollire, sperando che le ossa trasmettano degli insegnamenti e suggeriscano i principi per guidare gli elettori, i burocrati e i politici della nostra civiltà, mentre avanzano lentamente verso l'utopia.
Non sorprende, quindi, il fatto che, a mio avviso, solo il secondo tipo di economista abbia qualcosa di utile da dire. Allora, quali lezioni deve insegnarci la storia sulla nostra attuale situazione economica?
Nel 1829 John Stuart Mill segnò un grande progresso intellettuale escogitando il modo per combattere quelle che lui definiva saturazioni generali. Mill vedeva che l'eccesso di domanda di certe attività nei mercati finanziari si rifletteva in un eccesso di offerta di beni e servizi nei mercati di prodotti, che a loro volta generavano un'eccesso di offerta di manodopera nei mercati del lavoro.