Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2010 alle ore 13:51.
TOLOSA – Se la storia generale punisce chi non impara le sue lezioni, la storia del sistema finanziario impartisce la sua punizione con un piglio sadico, colpendo anche chi impara con troppo entusiasmo. Di tanto in tanto, le crisi finanziarie hanno rispecchiato le debolezze dei sistemi di regolamento basati sulle lezioni tratte dalle crisi precedenti. La crisi attuale non ha fatto eccezioni, così come non farà eccezione l’eventuale prossima crisi.
Il sistema di regolamento finanziario creato nel dopoguerra è stato fondato principalmente su tre lezioni tratte dagli anni ’30. Inizialmente, si pensava che il fallimento delle banche fosse dovuto al panico dei depositanti, e non si riusciva a capire che il panico dipendesse in realtà dal rischio fallimento.
Ma come per la teoria secondo la quale scappare da un leone lo spinge ad inseguirti, anche nell’idea che le banche falliscono a causa del panico dei depositanti c’è una parte di verità. Ma si tratta di una verità minima che il depositante medio non assicurato, così come il turista medio nel parco safari, è incoraggiato a non prendere in considerazione. In realtà, spesso e volentieri, il panico si scatena per delle buone ragioni. Negli anni ’30, gran parte delle banche sono fallite come risultato di una pessima gestione e di attività illegali, proprio come adesso.
Inoltre, si è sempre pensato che i depositanti più inclini al panico fossero sempre piccoli depositanti, nuclei familiari e piccole aziende, piuttosto che grandi aziende o investitori professionisti. Anche se, nel contesto attuale, sappiamo bene che questa teoria è sempre stata errata, non vi sono mai state delle serie motivazioni che lo confermassero.
Se le grandi aziende (ed altre banche) dispongono di depositi che si aspettano di poter ritirare con poco preavviso, e nel caso in cui siano a conoscenza del fatto di non poter prelevare tutti questi depositi nello stesso momento, il sospetto di rischio di fallimento li spinge, tanto quanto i nuclei familiari, a riprendersi i depositi nel più breve tempo possibile. Se i fallimenti delle banche rispecchiano tendenzialmente problemi di fondo, è naturale che gli investitori professionisti reagiscano rapidamente, se c’è nell’aria il sentore di panico.
Negli anni precedenti alla crisi, i prestiti tra banche, così come i depositi versati dalle grandi aziende, sono aumentati in modo consistente. Ciò si è verificato particolarmente per i cosiddetti mercati repo che forniscono gli stessi servizi delle banche, ma specificatamente ad investitori professionisti, grandi banche e grandi aziende.
Prima delle riforme finanziarie adottate dalla crisi, questo sistema bancario ombra ha operato al di fuori del regime di regolamento applicato alle banche tradizionali. E’ certo che il sistema bancario ombra non si sarebbe sviluppato così velocemente, se il sistema non fosse stato pianificato sulla base delle apparenti lezioni del ‘30. Ma il fallimento del sistema ombra a seguito del collasso della Lehman Brothers, non ha implicato una corsa agli sportelli solo a causa del coinvolgimento degli investitori professionisti. In questo caso, a differenza degli anni ’30, le banche hanno smesso di fidarsi le une delle altre prima ancora che ci si rendesse conto che fosse giunta l’ora di non dare più fiducia alle banche in generale.
La terza lezione fallace che abbiamo imparato è legata al concetto in base al quale se si riesce a mantenere la fiducia nel sistema finanziario (e nel sistema economico nel senso più ampio), lo stesso sistema può sopravvivere e crescere. Questa teoria ha creato allarme tra i policy maker ad ogni eventuale minaccia alla fiducia nel sistema (come, ad esempio, nel caso dello scoppio della bolla del dot.com alla fine degli anni ’90). La bolla del dot.com non ha mai costituito una minaccia per il sistema bancario in sé, ma piuttosto per la domanda aggregata. Purtroppo, poche persone hanno il coraggio di porre domande difficili quando la fiducia è in ripresa, come quando è stata gonfiata la bolla immobiliare sulle macerie del crollo dei titoli tecnologici.
L’idea che qualcosa che dà fiducia possa comunque portare a dei pericoli per il sistema bancario è sempre stata considerata troppo assurda da credere. Mentre la teoria per cui le misure per creare fiducia sono riuscite ad evitare il crollo nel 2000, è il genere di principio che il sistema finanziario non doveva imparare.
Perché siamo stati presi dall’idea che potevamo diventare tutti ricchi vendendoci a vicenda immobili sopravvalutati? Siamo stati presi tutti da un istinto irrazionale, il che non dà comunque una spiegazione. Sarebbe utile cercare di capire perché alcune forme di irrazionalità collettiva hanno più presa rispetto ad altre.
Uno spunto interessante viene da una ricerca neuro scientifica che spiega perché sia impossibile fare il solletico a noi stessi. Il solletico sembra essere causato da sensazioni inaspettate su alcune parti della pelle. Poiché il cervello di una persona che tenta di farsi il solletico anticipa le sensazioni che verranno provocate dalle dita, processo che si sviluppa nel cervelletto, non si ha più automaticamente la sensazione del solletico.
E’ tuttavia possibile farsi il solletico tramite un sistema intermediario, un apparato, ad esempio, che traduca i movimenti delle dita in sensazioni sulla pelle attraverso un processo indiretto tanto da rendere il cervelletto incapace di anticiparle. Sebbene la parte cosciente del cervello sappia che la sensazione del solletico proviene da noi stessi e non sia realmente inaspettata, il cervelletto non lo capisce e la sensazione del solletico viene percepita.
Farsi il solletico è stupido tanto quanto farsi un assegno per diventare ricchi, o vendersi la propria casa per il doppio del prezzo di mercato. E non è certo diverso se voi ed un amico vi scambiaste un assegno, oppure vi vendeste la casa.
Per qualche anno siamo riusciti ad eludere quella parte di cervello che ci diceva che non possiamo farci il solletico da soli per diventare ricchi. Forse il cittadino medio ha sempre saputo che vendendo la casa per trarne profitto, lo fa a spese di qualcun altro. Solo gli economisti, che hanno studiato le lezioni tratte dalle crisi precedenti, si sono infatuati dell’idea che alla fin fine nessuno vada in perdita.
I policy maker di oggi, che ragionano in base al contesto degli anni ’30, sembrano credere che creare la fiducia sia diverso dal creare delle buone ragioni per dare fiducia. I recenti stress test delle banche europee sono stati ideati, chiaramente, come misure per creare fiducia piuttosto che come strumento genuino di analisi di possibili debolezze del sistema. All’interno dei test non è stata infatti presa in considerazione, ad esempio, la possibilità di inadempienza del debito sovrano della Grecia.
Alla fine, è come fare un test sugli estintori di casa per combattere gli svaligiatori. Eventuali risultati positivi convinceranno solo chi guarda ancora alle lezioni degli anni ’30 e non riesce a dimenticarle.
Paul Seabright insegna economia alla Toulouse School of Economics. E’ autore di Company of Strangers: A Natural History of Economic Life (In compagnia degli estranei, una storia naturale della vita economica).