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Economia Politica economica

La Fed torna ad acquistare titoli di stato. Bernanke: la ripresa è più modesta del previsto

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2010 alle ore 17:12.

La Fed torna ad acquistare titoli di stato a lungo termine. È questa scelta, più delle stime sulla ripresa («è più modesta del previsto») e della decisione sui tassi (rimasti invariati tra lo 0 e 0,25%), a dare il polso di come la Banca centrale fotografa lo stato dell'economia Usa. C'era stata una forte discussione all'interno della Fed proprio sull' "allentamento quantitativo". Nei giorni scorsi l'ex capo della Fed di St Louis, William Poole, aveva sconsigliato a "suo" presidente Ben Bernake di tornare al "quantitative easing": l'acquisto di bond, aveva detto, non risolve i problemi, che sono di natura fiscale e normativa. Un'impostazione non condivisa da Mr Fed. E la decisione di oggi ne è la conferma.

La Fed ha subito tenuto a precisare che «gli acquisti dei titoli governativi verranno realizzati con i proventi degli oltre 1,3 trilioni di mortgage backed security» in possesso dell'istituto centrale. Un modo per rassicurare coloro che temono il crollo di qualsiasi argine nella politica monetaria espansiva di Bernanke.

I tassi d'interesse invariati.
Come avevano previsto ampiamente i sondaggi, la Federal reserve non ha toccato il tasso di riferimento: è rimasto fermo nella forchetta tra lo 0 e 0,25 per cento. Il Fomc, il braccio di politica monetaria della Banca Centrale, ha sottolineato che «il ritmo della ripresa, soprattutto per produzione e occupazione, é rallentato negli ultimi mesi», motivo per cui i l costo del denaro resterà «a livelli eccezionalmente bassi per un periodo prolungato».

Non c'è l'unanimità nella decisione
Come già era successo durante le riunioni precedenti, il voto non é stato unanime, ma si é concluso con 9 pareri favorevoli e uno contrario: fuori dal coro il governatore della Fed di Kansas City Thomas Hoenig che, votando contro la decisione per la quinta volta consecutiva, continua a sostenere che tenere i tassi troppo bassi per un periodo di tempo molto lungo potrebbe provocare una fiammata inflazionistica (di parere diverso i sui colleghi, secondo cui «le previsioni sull'inflazione sono stabili e il tasso dovrebbe rimanere contenuto per un certo periodo»).

La newsletter della Fed di San Francisco
Sul tema della ripresa, la Fed di San Francisco, proprio oggi aveva espresso delle preoccupazioni nella sua newsletter . «Attualmente - scrivono gli autori Travis J. Berge e Oscar Jorda - c'è una grande discussione sul fatto che la crisi sia finita nell'estate del 2009, anche se i numeri indicano che, tecnicamente, siamo entrati in un periodo di espansione dell'economia. (...) Sempre di più si parla di double dip. La primavera del 2010 è stata caratterizzata da un calo delle Borsen modiali, lo scoppio della crisi dei debiti sovrani in Europa e la debolezza del mercato del lavoro negli Usa».

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All'interno di questo scenario, secondo la Fed di San Francisco, è molto difficile fare delle previsioni. «L'utilizzo del Leading economic index, se finalizzato a ipotizzare dove potrà andare l'economia in un arco temporale superiore ai 10 mesi, equivale (...) a tirare una "monetina per aria"». E allora? Allora gli esperti della Fed del Golden State concludono la loro riflessione sottolineando che «esiste la probabilità che l'economia torni in recessione nei prossimi due anni. Anche se questo appare molto difficile possa accadere entro pochi mesi».

La reazione di Wall Street...
Tornando al mercato, subito dopo la decisione della Federal Reserve di non toccare il costo del denaro, il Nyse ha azzerato le perdite. Ovviamente, gli investitori hanno plaudito alla scelta di reinvestire i ricavati delle obbligazioni garantite da mutui in titoli di stato di lungo periodo.

...dell'euro...
L'euro, invece, nell'immediato è scivolato verso il basso per poi ridurre le perdite
a 1,3209 dollari, mentre il biglietto verde cala sulla valuta giapponese a 85,315 yen.

...e dell'oro
Il metallo giallo si è apprezzato sulla scia delle decisione della Banca centrale americana. Si tratta di un movimento comprensibile. Da un lato, l' "allentamento quantitativo" rinforza i timori (non importa se reali oppure no) ci coloro che vedono il rischio inflazione alzare la testa: l'oro, storicamente, è considerato un bene rifugio per difendersi dal surriscaldamento della congiuntura. Dall'altro, nel momento in cui la Fed dice che la ripresa è modesta, rafforza i timori sul futuro dell'economia e l'oro (di nuovo) diventa il bene rifugio.

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