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Economia Aziende

Piano aeroporti da 5,5 miliardi

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2010 alle ore 09:51.

Il presidente di Enac, Vito Riggio, punta a portare almeno una bozza del nuovo contratto di programma per i maggiori aeroporti italiani all'esame del cda tra fine settembre e inizio ottobre. Ma anche gli esponenti degli scali più grandi, Roma (Adr), Milano (Sea) e, dal mese scorso - grazie a un emendamento alla manovra - anche il sistema Venezia-Treviso (Save), ritengono che settembre possa essere un mese cruciale per decidere lo sviluppo futuro degli aeroporti italiani.

A oggi, però, per chiudere i nuovi contratti gli scogli negoziali da superare sono ancora tanti. Il contratto di programma dovrà definire diritti e doveri per chi gestisce uno scalo e stabilire gli incrementi delle tariffe (che vengono scaricate dalle compagnie aeree sui biglietti) per remunerare gli investimenti. Il contratto manca agli aeroporti italiani da oltre un decennio e senza questo strumento che adegui le tariffe (quelle italiane sono tra il 50 e il 70% inferiori rispetto a Parigi o Londra) d'ora in avanti si può anche dire addio alla trasformazione delle maggiori aerostazioni italiane in hub internazionali.

I piani degli scali
Sea, Adr e Save hanno in programma complessivamente circa 5,5 miliardi di investimenti entro il 2020. Senza una prospettiva di incrementi tariffari, attesi da 10 anni seppure in questo periodo ci sia stato un aumento del traffico aereo, gli aeroporti sostengono che non ce la faranno a finanziare il loro sviluppo. Ed è di questo che da oltre 8 mesi stanno discutendo con Enac. Lo scorso anno un emendamento nella manovra aveva inserito una deroga alla regole per la stesura di questi contratti fissata dal Cipe nel 2007: i grandi scali con più di 10 milioni di passeggeri, ovvero Roma e Milano, possono negoziare i loro contratti senza rispettare i rigidi paletti vigenti. Con l'ultima finanziaria il mese scorso è stata abbassata da 10 a 8 milioni la soglia dei passeggeri che consente a uno scalo di derogare alle norme Cipe, e dunque vi rientra anche il sistema aeroportuale di Venezia e Treviso. Sea e Adr stanno negoziando da mesi con Enac sulla base della deroga, mentre Save era stata obbligata a seguire le regole Cipe e ora, alla luce delle nuove norme, vuole rivedere la bozza di contratto.

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Tags Correlati: Adr | Benetton | Cipe | Enac | Enrico Marchi | Italia | Save | Sea | Trasporti e viabilità | Vito Riggio

 

«A settembre proporremo a Enac di aggiornare il negoziato dopo l'introduzione della nuova norma» dice il presidente Enrico Marchi. Un'affermazione che sembra rimettere in gioco la possibilità di chiudere a breve i contratti con gli scali che secondo Riggio sono più avanti con le trattative: Sea e Save. «Penso che il contratto in deroga dovrebbe comunque agevolare la rapidità del negoziato» chiosa però Marchi.

I punti caldi del negoziato
Tra le opzioni da inserire nei contratti approfittando della deroga, i concessionari vorrebbero la previsione di periodi regolatori decennali, meglio ancora se per la durata di tutta la concessione come ottenuto da Autostrade per l'Italia. Il periodo regolatorio è un intervallo temporale, in genere di 3-5 anni, alla fine del quale concedente (Enac) e concessionario (lo scalo) verificano l'aumento del traffico avuto, gli investimenti fatti e l'efficienza ottenuta sui costi al fine di riequilibrare gli aumenti tariffari programmati. Ma i concessionari temono queste verifiche, perchè pensano che nel frattempo un nuovo Governo possa cambiargli le regole del gioco dei contratti. Riggio è di ben altro avviso: «Vorrei proporre periodi di 4 anni in cui si verifichino traffico, investimenti, costi e non solo l'automatismo dell'inflazione. Ho mandato un mese fa a Sea e Adr una proposta per la parte regolamentare del contratto; ora vedremo le risposte».

La bozza inviata da Enac conterrebbe le linee guida su come impostare le regole de gioco. Numeri, nero su bianco, sul periodo regolatorio non ci sono: è un tema sul quale ancora verte il negoziato, soprattutto con Adr i cui soci di riferimento, i Benetton, sono gli stessi di Autostrade. C'è un altro punto di discussione: la proposta di Riggio di spalmare su un periodo di almeno tre anni gli aumenti tariffari cui gli scali avrebbero diritto già dal primo anno. «È inevitabile che dopo 10 anni senza adeguamenti il gap da recuperare sia alto - chiosa Riggio - ma non possiamo far gravare sui consumatori una forte impennata inziale delle tariffe».

La strada sembra più facile su altri aspetti che verrebbero cuciti su misura per i singoli scali. Adr è alle prese con un pesante debito da 1,3 miliardi e al contempo deve affrontare un piano di investimenti da 3,6 miliardi. Enac è disponibile a remunerare in tariffa anche una quota degli oneri sul debito, anche se le delibera Cipe non lo consentirebbe. Sea deve fare investimenti per 1,6 miliardi e ha continuato a investire nonostante la crisi, ma molti dei lavori fatti in passato sono stati finanziati con soldi pubblici, per cui non potrebbero andare in tariffa. Ma anche su queste Enac è disposta a derogare parte. Lo stesso discorso vale per Save, che ha fatto 200 milioni di investimenti (in parte con soldi pubblici), mentre deve impiegare altri 100 milioni in 8 anni per collegare il nuovo Terminal alla darsena. Tra i concessionari c'è consenso anche su un nuovo sistema di sanzioni economiche, proposto da Enac, nei casi in cui i concessionari non rispettino gli impegni su investimenti e servizi.

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