Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2010 alle ore 08:02.
La pagina su Facebook di Fiom Ducati motor non ha ancora commentato l'arrivo di Valentino Rossi alla scuderia rossa. La pagina resta inchiodata su commenti e attacchi al «grave comportamento antisindacale» di Fiat e di Marchionne, difficile prevedere se prevarrà l'orgoglio di avere in casa il nove volte campione del mondo o se scatterà l'indignazione per i compensi milionari che intascherà il mitico Vale.
Tra i 93 amici della pagina Facebook della Fiom Ducati motor c'è anche il «semplice montanaro dell'appennino tosco-emiliano», sentimentalmente «impegnato», Bruno Papignani: un modo vezzosamente modesto per autodefinirsi, visto che Papignani è il potente, potentissimo, segretario generale della Fiom di Bologna, che in un regime di quasi monopolio sindacale ha gestito le durissime vertenze dell'industria metalmeccanica bolognese nell'ultimo biennio.
Il lavoro non è mancato a Papignani, la crisi ha picchiato duro: secondo Fiom ci sono ancora 450 industrie, con oltre 24mila addetti, che utilizzano ammortizzatori sociali. Un dato allarmante, anche se in calo rispetto ai mesi di punta: a fine ottobre 2009 erano 625 aziende, con quasi 30mila addetti. Oltre 1.800 lavoratori sono in mobilità e «secondo i dati in nostro possesso – assicura Papignani – questo dato è destinato a crescere a fine anno e nel primo semestre 2011 nonostante le azioni che metteremo in campo».
Il segretario della Fiom, fisico possente, ciuffo ribelle e voce potente (starebbe benissimo in un film di don Camillo e Peppone) ha messo in cantiere tante azioni. Proprio tante. Perché Papignani non si fa mancare niente: polemista vivace, non fa giri di parole quando attacca i padroni. Da fine 2009 è stato un continuo crescendo: ha minacciato di occupare le fabbriche che non rispettano gli accordi (proprio mentre la Cgil locale insisteva sul fatto che il dialogo è l'unica strada possibile). È stato tentato dai manifestanti francesi che sequestravano i dirigenti («non hanno tutti i torti»). Ha puntato sulle iniziative in fabbrica evitando manifestazioni plateali in piazze o autostrade: «Preferisco picchiare duro sui portafogli dei padroni, bisogna colpire sui soldi». Ha avvertito: «Salvare le aziende non significa salvare i portafogli degli imprenditori, ma il patrimonio industriale di Bologna».