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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2010 alle ore 08:02.
ROMA
Nel Piano delle frequenze c'è posto per tutte le tv, ma lo Stato potrebbe mettere subito all'asta le frequenze televisive della banda 61-69, se le tv locali accettassero di moltiplicare per tre (e non per sei) il numero dei propri programmi analogici. Antonio Sassano, professore ordinario di ricerca operativa alla Sapienza di Roma, è il principale consulente dell'Autorità per le comunicazioni sullo spettro elettromagnetico, in particolare sul Piano delle frequenze televisive, approvato il 3 giugno scorso.
Il tema dell'uso dello spettro, quello che Viviane Reding ha definito "il petrolio del XXI secolo", è stato al centro di una serie di eventi di grande rilevanza. Come la conclusione dell'asta tedesca che ha ottenuto 4,5 miliardi di euro, di cui 3,3 per sette canali della banda ex-televisiva. Come il memorandum con il quale Obama intende liberare 500 Megahertz di spettro, da dedicare alle comunicazioni mobili, nei prossimi dieci anni. O come l'allarme lanciato da Corrado Calabrò, presidente dell'Autorità: si rischia di saturare la capacità trasmissiva delle reti mobili con l'avvento dell'iPad e degli smartphone. Servono, quindi, nuove frequenze.
Sassano spiega come si è arrivati al Piano delle frequenze, entro quali limiti e come l'Italia potrebbe, invece, valorizzare al massimo lo spettro. «Le reti televisive nazionali devono essere equivalenti per copertura (il 97% della popolazione, oltre l'80% del territorio), devono trasmettere su frequenze coordinate con i paesi confinanti in modo da rispettare il "dogma" dell'equivalenza. Si tratta di 21 reti terrestri - o meglio 20, perché quella della Rai "decomponibile" richiede più qualità di quelle equivalenti - più quattro in Dvb-h per la tv "mobile". Alle locali sono riservate 27 frequenze su 49. Numeri definiti sulla base delle reti analogiche e digitali esistenti. Con il Piano, l'Agcom ha utilizzato un fattore moltiplicativo di quattro per i programmi nazionali analogici di Rai e Mediaset, di tre per Telecom Italia Media e di sei per un programma analogico locale». Rai e Mediaset disponevano di tre programma nazionali analogici: hanno ottenuto due multiplex digitali, equivalenti a dodici programmi: il numero di programmi analogici si moltiplica per quattro.