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Economia Lavoro

Il Lingotto riparte ma senza Mirafiori e Pomigliano

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2010 alle ore 14:27.

Le ricadute dello spin-off dell'auto, il cammino incerto del piano Fabbrica Italia, il destino di Termini Imerese. Non mancano gli argomenti di discussione per gli 82mila addetti del gruppo Fiat, tra operai e impiegati, che domani tornano al lavoro dopo tre settimane di ferie.
Un ritorno per molti ma non per tutti, visto che le difficoltà di mercato confermate dai dati di luglio (-26% per le immatricolazioni auto) e previste fino alla fine dell'anno, impongono subito nuovi periodi cassa integrazione. Per restare all'auto, da domani cancelli aperti per i 5.280 operai di Melfi, trainata dalle buone performance di Grande Punto e Punto Evo.

Non dovrebbero rientrare, invece, i tre operai licenziati a luglio (per aver fermato la produzione) e poi reintegrati dal giudice del lavoro: contro questa decisione Fiat ha presentato ricorso, invitando i tre addetti a non presentarsi al lavoro. L'azienda ha fatto sapere di non volersi avvalere delle loro prestazioni, pur continuando a pagare gli stipendi. Riapertura per i 3.939 addetti di Cassino (che beneficia dello sprint della Giulietta e della discreta tenuta della Bravo) e per i 6.217 della Sevel di Val di Sangro, dove si produce il Ducato; per i 2.100 addetti, tra impiegati e operai, degli enti centrali torinesi il rientro è stato differito di sette giorni, perché domani si apre una settimana di cassa integrazione.
Più complessa la situazione degli altri stabilimenti. Dopo la doccia fredda di luglio, quando ha scoperto di aver perso la linea per la monovolume L0 ormai destinata alla Serbia, Mirafiori resterà ferma fino al 5 settembre: i 5.486 addetti attualmente impegnati sui tre modelli Fiat in fase di esaurimento (vecchia Punto, Multipla e Idea) sono in cassa integrazione fino a quella data. Una settimana di Cig anche per i 1.342 di Termini Imerese impegnati sulla Lancia Y, ma qui la partita che conta è quella sul destino dello stabilimento, dove Fiat cesserà la produzione a fine 2011; proprio intorno allo stabilimento siciliano ruota l'unica scadenza già fissata sull'agenda della ripresa: entro il 15 settembre il governo convocherà i rappresentanti di azienda e sindacati per illustrare la shortlist, messa a punto dall'advisor Invitalia, relativa alle proposte di riconversione industriale del sito.

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Tags Correlati: Confindustria | Fabbrica Italia Pomigliano | Fiat | Giambattista Vico | Imprese | Sergio Marchionne | Termini Imerese

 

Ma è ancora su Pomigliano che si concentrerà la maggiore attenzione. Formalmente i 5.200 dipendenti dello stabilimento Giambattista Vico sono in cassa dal 23 agosto «fino a nuova comunicazione», ma qui ciò che importa più del presente è il futuro: in ballo c'è la definizione degli assetti contrattuali applicabili agli operai, che passeranno sotto la newco «Fabbrica Italia Pomigliano» registrata il 19 luglio. Come ha fatto chiaramente intendere Sergio Marchionne incontrando istituzioni e sindacati a Torino il 29 luglio scorso, dall'esito della vertenza campana dipende il futuro della presenza Fiat in Italia.
Sì, perché Pomigliano è destinato a diventare il banco di prova degli strumenti contrattuali utilizzabili nel settore metalmeccanico, e in particolare dell'applicabilità dell'accordo interconfederale che di fatto prevedeva clausole in deroga ai contratti collettivi. La questione è delicata e da approfondire, dal punto di vista tecnico e politico: dal canto suo, Sergio Marchionne ha per il momento sospeso la decisione di uscire dal contratto nazionale, mentre Confindustria si è dichiarata disponibile a lavorare per una soluzione, che – una volta trovata – potrebbe vedere subito l'interesse di altre aziende automotive (e non solo). Le due parti si sono date due mesi di tempo, dunque entro la fine di settembre, al massimo l'inizio di ottobre, si dovrà arrivare a una soluzione; «solo a quel punto, definite tutte le tecnicalità del caso, si potrà iniziare a discutere dei singoli stabilimenti», fanno notare dal Lingotto.
In pratica, prima di convocare i singoli tavoli dedicati a ogni sito produttivo, come annunciato dal ministro Sacconi a fine luglio, andrà chiarito nei dettagli quali sono e come funzionano gli strumenti contrattuali a disposizione: prima di allora, le parti avrebbero ben poco da dirsi.

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