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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2010 alle ore 08:15.
AAA cercasi giovani under 30, maschio o femmina non importa. Iperqualificati, con laurea tecnica, ottima conoscenza delle lingue e competenze informatiche da programmatore. Ma anche addetti con esperienza per fornire manodopera specializzata. Andrà a loro un nuovo posto di lavoro su tre, almeno sulla carta. Lo rivela un'analisi del centro di ricerche Datagiovani che ha elaborato i dati del recente rapporto di Unioncamere-Excelsior sulle previsioni di assunzione non stagionali per l'industria italiana nel 2010.
Un timido spiraglio di luce sull'autunno che verrà. E la conferma di due luoghi comuni: non c'è più spazio per i bamboccioni, mentre il posto fisso diventa sempre più un miraggio.
Oggi - dicono i dati Istat – un giovane su quattro non trova lavoro. Domani – rileva lo studio di Datagiovani – – il 36% dei nuovi posti (quasi 197mila) riguarderà proprio chi non ha ancora spento trenta candeline. A cercarli sono in prevalenza (44%) le imprese di piccole dimensioni fino a nove dipendenti o quelle con oltre 50 addetti (38%). L'interesse è reale nei settori del commercio (22%), manifatturiero (19%) e delle costruzioni (12%), seguiti dai servizi, con il turismo in testa, ma anche in quelli avanzati di supporto alle aziende.
«Finalmente le imprese italiane iniziano a capire che i giovani sono pronti a rimboccarsi le maniche. È però in atto – sottolinea Michel Martone, professore ordinario di diritto del lavoro – una vera e propria polarizzazione del mercato, dove chi ha una laurea generica stenta a trovare un posto. È il fallimento del lavoro generalista e un nuovo colpo ai bamboccioni, che rischiano di andare a ingrossare la compagine degli inattivi».
Molte luci, certo, ma non poche ombre. «Le prospettive per gli under 30 sono migliori rispetto al 2009, con una crescita del 2%, che resta però inferiore all'incremento delle assunzioni complessive», spiega Michele Pasqualotto, ricercatore di Datagiovani. Tutto questo in un contesto di disoccupazione totale pari all'8,4%. Se il focus dal dato medio nazionale si sposta sulle realtà locali la realtà è ben più variegata, con diverse sfumature. Così Lombardia ed Emilia-Romagna registrano un calo delle assunzioni previste di giovani rispetto allo scorso anno per effetto della crisi, che impone una razionalizzazione della manodopera. Mentre spicca il Lazio, dove su dieci nuovi assunti ben quattro potrebbero essere giovani, con un balzo previsto rispetto al 2009. «È l'effetto trainante del terziario e della nostra vocazione al turismo, dove la competenza giovanile è essenziale. Si cercano guide e commessi per i negozi del centro in grado di padroneggiare l'inglese, ma anche il russo o il cinese», sottolinea Cesare Pambianchi, presidente di Confcommercio della capitale e della regione. Tra le province si mette in luce Livorno. Qui più della metà delle assunzioni che dovrebbero concretizzarsi quest'anno saranno riservate ai più giovani, con previsioni addirittura raddoppiate rispetto allo scorso anno. La principale meta di destinazione, spiegano alla Camera di Commercio toscana, sarà il settore del commercio all'ingrosso o al dettaglio (commessi, addetti ai distributori di carburante, venditori a domicilio o rappresentanti e assistenti ai clienti». Anche se il presidente Roberto Nardi invita a non cedere al facile ottimismo: «Sul nostro territorio – afferma – ci sono progetti di espansione di alcune catene di franchising. Bisognerà però verificare se i piani annunciati verranno effettivamente confermati, perché non bisogna dimenticare che si tratta di previsioni di assunzione. Secondo le nostre stime la disoccupazione sul territorio aumenterà ancora, quest'anno e il prossimo». Sotto la media nazionale e con il maggiore calo di assunzioni di under 30 previste rispetto al 2009 è Ascoli Piceno. «Il dato è la sintesi di un problema sociale – ammette la responsabile del Centro studi della Camera di commercio locale Cristiana Costantini – paghiamo lo scotto della separazione con Fermo, divenuta ufficiale lo scorso anno, che ha mantenuto la vocazione di distretto calzaturiero. Ed è storia recente anche la decisione di alcune aziende, come la Manuli, di chiudere gli stabilimenti sul nostro territorio con un evidente impatto sull'occupazione e un impoverimento del tessuto imprenditoriale del territorio. L'emergenza è oggi reinserire sul mercato chi ha perso il lavoro, lasciando i giovani, con meno esperienza, in attesa».