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Economia Politica economica

Eurodeutschland e la fine del motore franco-tedesco

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Questo articolo è stato pubblicato il 05 settembre 2010 alle ore 17:35.

Forse ha ragione Charles Kupchan, il fine studioso americano di politica estera che vede il Vecchio continente in lento ma inesorabile declino di leadership e visione, ma al Workshop Ambrosetti di Cernobbio è emersa anche un'altra realtà, forse meno evidente, ma non per questo meno reale. Quella di un Europa a guida tedesca che ha imboccato una nuova strada, quella del rigore dei conti, dei salari agganciati alla produttività, della rivisione in senso più rigoroso del Patto di stabilità dopo la drammatica crisi della Grecia.

È la fine del motore franco-tedesco e l'inizio di un periodo che potremmo definire di EuroDeutschland? Forse, ma intanto il paese leader dell'Unione, senza più complessi di inferiorità, indica la linea e lascia per strada chi non fa i compiti a casa. Così almeno la spiega Hans-Werner Sinn, presidente dell'Ifo l'Istitute for Ecomic Reserch e ascoltato saggio del Governo Merkel, al Workshop Ambrosetti di Cernobbio dova ha puntato l'indice sull'altra sponda dell'Atlantico sposando indirettamente la tesi dell'ex ministro dell'Economia italiano Tommaso Padoa-Schioppa che in un'intervista al Sole 24 ore aveva sostenuto la via europea come la più equilibrata per uno sviluppo sostenibile rispetto a quella americana centrata sugli stimoli economici aggressivi con i quali si vuole puntare a una crescita pre-crisi.

Non solo. Sinn, dopo aver ribadito la linea del rigore dei conti (che implica la revisione del Patto di stabilità in senso più rigido) ha spiegato le origini del miracolo tedesco.
«Prima prestavamo i soldi a tutti i paesi Nord America compreso, ora invece i soldi restano a casa, a Berlino – ha detto Sinn – ed è questo il motivo per cui c'è il boom in Germania che si somma all'export verso i mercati emergenti (Cina, Brasile, India)». «L'altra faccia della medaglia del miracolo tedesco - ha detto sempre Sinn - sono le difficoltà dei paesi del Sud-Europa, nella periferia dell'Europa che ora stanno affrontando la politica di rigore di bilancio. Quando i flussi di denaro si arrestano tu devi tirare la cinghia e questo tirà giù tutta l'economia. Quando ci sono più soldi a disposizione perché non li presti più l'economia cresce e questo è ciò che sta succedendo in Germania».

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Tags Correlati: Bce | Cernobbio | Charles Kupchan | Etudes Politiques de Paris. | Germania | Governo Merkel | Hans-Werner Sinn | Ifo | Istitut | Jean-Paul Fitoussi | Tommaso Padoa-Schioppa |

 

Corollario implicito, come ha detto un partecipante in sala circa il caso greco, riguarda il nuovo Patto di stabilità: quando sei in crisi, o vendi patrimonio o perdi sovranità. Ecco che la crisi ellenica, che ha fatto tremare l'euro, diventerà elemento di maggior coordinamento tra le politiche fiscali dei 27. Non tutto il male viene dunque per nuocere.
Il panorama è cambiato anche sul fronte della politica monetaria. «Effettivamente se non ci fosse stata la Bce, l'unico organismo realmente federale già in campo e quindi in grado di reagire tempestivamente alle necessità, la crisi in Europa sarebbe stata molto più grave», ha commentato Jean-Paul Fitoussi, economista francese e presidente dell'Istitut d'Etudes Politiques de Paris.

«La politica monetaria della Banca centrale europea ha consentito di sostenere il sistema finanziario ed economico con una politica monetaria tempestiva e espansiva che non ha esitato ad usare strumenti inusuali come il quantitative easing. Senza l'acquisto di titoli di stato la crisi sarebbe stata molto peggiore». «La Bce - ha concluso Fitoussi– non ha fatto solo il suo dovere garantendo la stabilità dei prezzi ma ha sostenuto come unico organo federale l'unità europea».

Quindi, riassumendo: l'Europa ha formulato una sua ricetta anticrisi fatta di rigore e non di stimoli pubbblici, di export ai paesi emergenti in buona salute, di salari agganciati alla produttività, di aumento degli investimenti interni, di una stretta sul Patto di stabilità, di maggior coodinamento fiscale e di una politica monetaria determinata a garantire la stabilità dei prezzi senza però evitare di acquistare covered bond per 60 miliardi di euro per aumentare la liquidità nel sistema.

Forse a molti non piacerà, forse la ricetta anti-crisi non è stata coordinata a sufficienza a Bruxelles, ma Eurodeutschland è già la nuova Europa. Chi perde tempo in bagatelle interne perde il treno delle ripresa.

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