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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2010 alle ore 08:00.
MILANO
La ripresa delle economie asiatiche spinge al rialzo i prezzi delle materie prime e mette in difficoltà le aziende italiane in molti settori, dal tessile all'elettronica. Dopo i segnali di allarme giunti dai produttori di tessuti che devono confrontarsi con aumenti del 50%, dal cotone al cashmere, e l'industria alimentare che ha visto i prezzi dei cereali impennarsi di percentuali analoghe, tocca alle aziende di elettronica ed elettrotecnica sollevare la questione. «Gli aumenti del petrolio e derivati - spiega Paolo Perino, consigliere delegato di Confindustria-Anie - si sono diffusi a quasi tutte le materie prime industriali, in particolare ai metalli, riportando le quotazioni ai livelli pre-crisi».
Il servizio studi economici dell'Anie, che rappresenta 900 imprese di elettronica ed elettrotecnica, ha preso in esame le dinamiche dei prezzi delle materie prime tra il 2009 e il 2010. Ne è emerso, per esempio, che rispetto nel primo semestre di quest'anno il rame è aumentato di oltre il 73%, lo zinco più del 60% e il nickel dell'83,5 per cento. I prezzi dei metalli (ferrosi e non ferrosi) hanno subito aumenti del 37,1% semestre su semestre e il petrolio, da cui secondo l'ufficio studi Anie sono partiti i rialzi, di quasi il 53 per cento.
Nella seconda parte dell'anno, la situazione non è destinata migliorare. Tutt'altro. Per il rame e le materie plastiche «si prospettano ulteriori aumenti». E il rischio concreto è che «i moderati segnali di ripresa dei mesi scorsi siano di fatto annullati da questa corsa al rialzo».
Gli imprenditori sono preoccupati per le conseguenze che l'incremento del costo delle materie prime avrà sui margini aziendali. «Di fronte a fenomeni di questa portata - secondo Perino - non c'è recupero di produttività che basti a compensare gli aumenti a due cifre. Saremo costretti a comprimere i margini, già sofferenti per la crisi dei due anni passati. Ma saranno inevitabili anche anche le ripercussioni sui prezzi dei prodotti finiti, nei limiti in cui lo consentirà la situazione di mercato».
A parte alcuni movimenti speculativi, a spingere la domanda di materie prime è soprattutto la forte ripresa dell'attività produttiva che si sta manifestando in Cina dove negli ultimi tre mesi la produzione industriale è cresciuta a ritmi di poco inferiori al 14 per cento. «Pechino è diventata un attore di primissimo piano. Solo per citare l'acciaio - ricorda il consigliere dell'Anie - in pochi anni la Cina è diventata primo mercato di sbocco e assorbe la metà della produzione mondiale. Ciò condiziona la disponibilità fisica non solo di metalli, gomma e quant'altro, ma anche dei prodotti intermedi come i componenti elettronici e le materie plastiche». È il cosiddetto shortage, che non riguarda solo pochi prodotti ma è generalizzato. «Le nostre aziende hanno difficoltà ad approvvigionarsi». Alla forte domanda cinese si aggiunge un altro fattore di tensione del mercato: «All'apice della crisi - spiega Perino - molti produttori di componenti hanno deciso di chiudere gli impianti. E anche quando i volumi sono risaliti, hanno reagito con molta prudenza, aspettando che i segnali positivi si consolidassero. Questo ha portato uno squilibrio tra domanda e offerta e ripercussioni sui prezzi». La situazione critica del settore è testimoniata anche dal calo degli occupati nel primo semestre: -8,5% per l'elettronica e -3,4% per l'elettrotecnica.