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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2010 alle ore 08:59.
La scissione del gruppo Fiat non cambia i termini della polemica sindacale, e anche ieri è proseguito il botta e risposta a distanza tra Sergio Marchionne e la Fiom. Il manager ha definito «solo una battuta» l'affermazione del segretario Fiom Maurizio Landini secondo cui «in Italia la legge si ferma davanti ai cancelli della Fiat». Landini parlava in occasione di una manifestazione di solidarietà con i tre operai di Melfi licenziati da Fiat, mentre i Cub protestavano di fronte al Lingotto.
Marchionne ha definito ieri «gratuite, senza sostanza» le critiche ricevute sul progetto previsto per Pomigliano, parlando di «discorsi provinciali che possono avvenire solo in Italia»; «il dialogo continua – ha detto – e cercheremo di portarlo avanti nell'interesse di tutti i lavoratori». «Il problema di Pomigliano, come abbiamo annunciato, è stato risolto. Abbiamo avuto l'appoggio dei due terzi dei collaboratori, su una base di un accordo raggiunto con i sindacati» e «abbiamo cominciato gli investimenti».
Il numero uno del Lingotto si è detto ieri ottimista sulla possibilità di trovare un accordo che dia la possibilità alla Fiat di presentare i suoi piani industriali: «Sia con Confindustria che con Federmeccanica lavoriamo per trovare una soluzione. Sono incoraggiato dall'evoluzione degli ultimi 60 giorni, c'è buona volontà. Il progetto Fabbrica Italia è troppo importante per noi». Marchionne ha confermato che intende estendere le linee guida seguite nell'accordo per lo stabilimento campano (raggiunto con tutti i sindacati tranne la Fiom) agli altri impianti italiani del gruppo, in particolare Mirafiori: «Bisogna creare le condizioni della governabilità prima di poter parlare di allocazione di nuovi prodotti».
A chi ipotizzava l'adozione di un modello tedesco anche in fabbrica (con la cogestione) così come in politica, il manager italo-canadese risponde con un «no» deciso («Sono due realtà completamente diverse») e una battuta: «Almeno lì avremmo a che fare solo con la Ig Metall e non con una quarantina di sigle sindacali». Un'altra battuta che ha suscitato polemiche è stata quella che ha indirizzato a chi criticava il suo stipendio pari a 400 volte quello degli operai: «Quanti sarebbero disposti a fare la mia vita?»