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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2010 alle ore 18:28.
NEW DELHI – Quando lo scorso luglio il Financial Times raccontò in un lungo articolo la crisi finanziaria attraversata dalla Metro-Goldwyn-Mayer, il quotidiano londinese titolò, con il piglio brillante di un tabloid, "Who killed James Bond?". Il pezzo raccontava come la mancanza dei capitali necessari a ripianare una spaventosa esposizione debitoria stesse mettendo a rischio non solo la sopravvivenza di uno degli studios più prestigiosi di Hollywood (vai alla gallery dei film Mgm), ma anche il futuro del più famoso agente segreto del pianeta, ovvero una delle (com)proprietà intellettuali più preziose tra quelle detenute dalla Mgm. Al punto che, recentemente, le nuove avventure di Bond sono state rimandate "a tempo indefinito" in attesa dei capitali necessari a girarle.
Due mesi dopo l'uscita di quell'articolo l'identità dei presunti assassini di 007 resta fumosa come allora (fondi di private equity, manager incapaci, conflitti d'interesse tra i soci, qualche flop, la grande crisi...). In compenso Bond sembra sul punto di rinascere (era già accaduto a Sean Connery nel 1967 nel film "007 - Si vive solo due volte") e comincia a delinearsi il profilo dei suoi possibili salvatori: una conglomerata indiana in cerca di visibilità internazionale e, colpo di scena in pieno stile 007, Bond medesimo. Sono infatti la Sahara India Pariwar e la Eon Productions (ovvero la casa di produzione dei film oggi interpretati da Daniel Craig) i protagonisti dell'ultimo tentativo di far tornare a ruggire il leone della Mgm.
Sul piatto ci sarebbe una cifra vicina ai 2 miliardi di dollari, poco più della metà della montagna di debiti da circa 3,7 miliardi che sta schiacciando gli studios che in tempi finanziariamente meno incerti realizzarono pellicole come "Ben Hur", "Gli ammutinati del Bounty" e "Via col vento". In cambio dei quattrini necessari a placare i creditori il gruppo indiano e la casa di produzione di Barbara Broccoli e Michael G. Wilson si troverebbero tra le mani un pezzo di quella Mgm che, oltre a possedere il catalogo cinematografico più formidabile del pianeta, è anche comproprietaria dei diritti su Bond medesimo.
I prossimi giorni potrebbero essere decisivi perché entro la fine della settimana i creditori della Mgm dovrebbero dare ufficialmente il via a una procedura di bancarotta pilotata e affidare la guida della società a Gary Barber e Roger Birnbaum, i due boss della Spyglass Entertainment, la società di produzione che lo scorso anno ha mandato nelle sale il film di Clint Eastwood Invictus.