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Economia Gli economisti

Politica e contributi delle aziende

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2010 alle ore 16:36.


CAMBRIDGE – Una recente decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti ha espanso la libertà delle società di spendere denaro per finanziare politici e campagne elettorali – una libertà riconosciuta alle società in altri Paesi del mondo. Questo solleva i soliti dibattiti su democrazia e potere privato, ma un altro aspetto importante della questione è spesso ignorato: chi dovrebbe decidere in una società quotata se, quanto e con che fini spendere soldi in politica ?

Per il diritto societario tradizionale, le decisioni di indirizzo politico delle società quotate sono soggette alle stesse regole delle decisioni aziendali ordinarie. Queste decisioni possono quindi essere prese senza in coinvolgimento diretto degli azionisti ordinari o direttori indipendenti, e senza un rendiconto dettagliato – tutele che il diritto societario riconosce a seguito di altre decisioni aziendali, come quelle che riguardano i compensi dei managers e le operazioni con parti correlate.

In un recente articolo, comunque, Robert Jackson e io notiamo che le decisioni di indirizzo politico sono fondamentalmente differenti dalle ordinarie decisioni aziendali. Gli interessi di direttori, manager, ed azionisti di maggioranza rispetto a queste decisioni possono spesso divergere significativamente da quelli dei piccoli azionisti.

Si pensi ad un società per azioni il cui Amministratore Delegato o azionista di controllo supporti un movimento politico di destra o di sinistra e che desideri supportarlo con risorse aziendali. Non ci sono ragioni particolari per aspettarsi che le preferenze politiche dei membri dell'azienda rispecchino quelle dei piccoli azionisti che finanziano l'impresa. Inoltre, quando una tale divergenza di interessi sussista, usare i fondi aziendali per supportare cause politiche che i piccoli investitori non condividono – o alle quali addirittura si oppongono – puòò imporre agli stessi costi che eccedono le somme monetarie spese.

Per prevenire questa eventualità, il legislatore dovrebbe adottare tutele per le decisioni di spesa in ambito politico che limitino la divergenza di tali decisioni dagli interessi degli azionisti. Innanzitutto, è importante richiedere alle società quotate di fornire un rendiconto dettagliato agli azionisti delle somme e dei beneficiari di tutto ciòò che l'azienda spende, direttamente o indirettamente in politica.

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Tags Correlati: Corte Suprema degli Stati Uniti | Francesco Di Comite | Gran Bretagna | Harvard | Law School | Lucian Bebchuk | Politica | Robert Jackson | Società per Azioni | Who Decides

 

Espandendo i diritti delle società di spendere soldi in politica, la Corte Suprema degli Stati Uniti ripone fiducia nei processi di democrazia aziendale per assicurarsi che queste spese non devino dagli interessi degli azionisti. Chiaramente, comunque, questi processi possono avere poco effetto se ciòò che viene speso in politica non è comunicato in maniera trasparente agli azionisti.

Perché questo rendiconto sia efficace, dovrebbero seguire delle direttive chiare in merito alle spese politiche fatte attraverso intermediari. Negli Stati Uniti, per esempio, le organizzazioni che difendono gli interessi degli imprenditori, o di specifici settori industriali, raccolgono fondi dalle società e spendono più di un miliardo di dollari ogni anno per influenzare i politici e i loro processi decisionali. Mentre gli obiettivi delle spese di queste organizzazioni sono spesso noti, non c'è alcun rendiconto pubblico che permetta agli azionisti di sapere se la loro azienda finanzia queste organizzazioni e quanto. Gli investitori meritano di sapere.

Inoltre, le decisioni di spesa delle società per azioni in ambito politico non dovrebbero essere sola responsabilità del management aziendale, come spesso sono. Direttori indipendenti dovrebbero svolgere un ruolo importante di supervisione, così come fanno in altri ambiti sensibili che possono comportare una divergenza di interessi tra decisori aziendali ed azionisti. E questi direttori dovrebbero redigere un rapporto annuale in cui spiegano le loro scelte durante l'anno precedente.

Il legislatore dovrebbe anche considerare l'eventualità di dare voce in capitolo agli azionisti circa le decisioni di spesa in ambito politico. Nel Regno Unito, per esempio, le società quotate sono soggette a un tale requisito da più di un decennio. Gli azionisti delle aziende britanniche devono approvare, a maggioranza, qualunque finanziamento politico che oltrepassi le 5000 sterline. A seguito dell'adozione di questa norma, le spese collegate alla politica sono rimaste importanti, ma si sono in qualche modo ridotte rispetto ai livelli precedenti.

Gli azionisti potrebbero avere opinioni diverse da quelle dei decisori aziendali non soltanto riguardo all'entità delle spese legate alla politica, ma anche riguardo a come queste spese sono gestite. Questo problema può essere risolto permettendo agli azionisti di adottare alle riunioni annuali delle risoluzioni vincolanti sulle spese aziendali che abbiano a che fare con la politica.

Per esempio, gli azionisti potrebbero decidere che l'azienda non spenda fondi per certi tipi di obiettivi politici, o che debba seguire certi principi nell'allocazione dei suoi fondi, qualunque sia la loro entità. La mera esistenza di questa possibilità potrebbe aumentare gli incentivi dei decisori aziendali ad utilizzare le risorse aziendali spese in politica in coerentemente con gli interessi degli azionisti.

Leggi che permettano alle società per azioni di spendere risorse in politica si basano sul principio che l'espressione delle posizioni delle aziende ha un ruolo legittimo nel mercato politico. Ma i desideri di un'azienda quotata non dovrebbero essere automaticamente e necessariamente fatti coincidere con quelli del suo management. Per questo abbiamo bisogno di una nuova legislazione che assicuri che l'uso di fondi aziendali in politica non ignori gli interessi degli azionisti.

Lucian Bebchuk è Professore di Diritto, Economia e Finanza e direttore del Program on Corporate Governance della Harvard Law School. Questo articolo si basa su un suo recente studio, condotto con Robert Jackson, Jr., Corporate Political Speech: Who Decides?

Copyright: Project Syndicate, 2010.www.project-syndicate.orgTraduzione dall'inglese di Francesco Di Comite

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