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Sesto San Giovanni (ex Stalingrado d'Italia) è pronta a diventare patrimonio dell'Unesco

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 22:41.

La ex Stalingrado d'Italia si candida a diventare patrimonio mondiale dell'Unesco. Niente a che vedere con i panorami mozzafiato delle Dolomiti o con gli eccezionali mosaici di Piazza Armerina, Sesto San Giovanni, la piccola Manchester alle porte di Milano, chiede il riconoscimento quale città delle fabbriche, e incassa già un primo successo (i siti Unesco lombardi) . Perché dopo quello della Provincia arriva ora il sostegno anche della Regione, che oggi e domani, nel corso del convegno internazionale "Sesto San Giovanni, una storia, un futuro, un patrimonio industriale per tutto il mondo", annuncerà ufficialmente il suo appoggio. «Abbiamo scelto di candidarci perché vogliamo partire dalla nostra memoria per costruire il futuro della città – spiega il sindaco, Giorgio Oldrini – una memoria importante, perché simbolo di uno sviluppo caratterizzato da forte coesione sociale, che deve essere la base anche del nostro futuro».

Durante la prima guerra mondiale e per tutti gli anni '20 a Sesto si è sviluppato un grande polo produttivo imperniato su tre gruppi industriali integrati: Breda, Falck, Marelli, ognuno composto da più stabilimenti, spesso nati sulla scia dell'impegno bellica. Il massimo sviluppo di Sesto, che era il quinto polo produttivo italiano, si raggiunge con il boom economico, fra il 1957 e il 1964. Successivamente si hanno ristrutturazioni e profonde trasformazioni produttive in un quadro generale di lento declino, accelerato dalla fine degli anni '60 con la chiusura di Osva, Falck Vulcano e della Ercole Marelli, il ridimensionamento delle aziende Breda, il trasferimento della Magneti Marelli, sino all'ultimo capitolo, la fine della Falck Unione, nel dicembre 1994.

Il percorso di candidatura Unesco, iniziato nel 2006, ha innanzitutto individuato 37 siti rilevanti. Si va dai due forni Falck a colata continua, a una stecca in calcestruzzo, 280 metri di lunghezza, in caratteristico stile Liberty. C'è anche il villaggio Falck, una piccola enclave di una ventina di villette con orto, abitate, allora, dalle famiglie degli operai della fabbrica. «Senz'altro ci sono singoli siti di particolare rilevanza – spiega Federico Ottolenghi, responsabile del dossier di candidatura – ma la cosa interessante è che mettendoli tutti insieme si copre tutto lo spettro di una città industriale. Oltre alle attività produttive, abbiamo il villaggio Falck e l'albergo-ostello operaio, il circolo e l'impianto sportivo. C'è insomma un elemento di varietà e completezza che a noi pare particolarmente importante».

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Lombardia a quota sette siti Unesco

Il primo fu l'arte rupestre della Val Camonica nel 1979 a cui ne sono seguiti altre sei. Con sette

Lombardia regione con più siti Unesco. Sesto S. Giovanni candidata

Tags Correlati: Arte | Beni culturali | Breda | Federico Ottolenghi | Giorgio Oldrini | Italia | Magneti Marelli | Organizzazione delle nazioni unite per l'educazione, la scienza e la cultura | Regioni | Sesto San Giovanni | Stalingrado

 

Il patrimonio di archeologia industriale è oggi parte integrante della città: l'ex mensa della Breda è sede di Milano metropoli, l'agenzia per lo sviluppo del nord Milano; un'altra, quella della Falck, ospita oggi i corsi di formazione della Provincia. In altri casi, gli ex spazi industriali sono stati adibiti a luoghi di socialità e intrattenimento, come il Carroponte, che quest'estate ha accolto una serie di concerti e iniziative culturali. «Una parte della città è stata già trasformata – aggiunge Oldrini – per quella che ancora si deve riprogettare dobbiamo riflettere bene su cosa vogliamo fare. Il riconoscimento Unesco, oltre al valore simbolico, vincolerà lo sviluppo futuro in una direzione di salvaguardia e di riutilizzo intelligente e compatibile».

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