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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2010 alle ore 08:01.
Elsa Fornero, Florence Woerth, Brigitte Ederer, Paola Mungo, Angelika Dammann, Amélie Oudéa-Castéra, Regina Stachelhaus. Sono solo alcune delle donne che nell'ultima tornata di assemblee hanno fatto il loro ingresso in società europee: da IntesaSanpaolo a Hermès, da Siemens a Azimut, da Sap a Lagardère e E.on. Tutti gruppi internazionali di primo piano che hanno deciso di andare verso un maggior bilanciamento tra i generi all'interno dei propri organi sociali nonostante in Italia, Francia e Germania non ci siano ancora obblighi di legge a riguardo. Più deciso è stato il cambiamento in paesi dove, invece, il legislatore ha imposto una quota di genere, come in Norvegia (40%) e Spagna (40% entro il 2015) o dove indicazioni precise sono state inserite nei codici di corporate governance come in Finlandia e in Gran Bretagna.
La ventata nuova in termini di gender diversity si riflette dai risultati del rapporto biennale Board Women Monitor stilato da European professional women's network in collaborazione con la società di head hunting Russell Reynolds Associates. Nell'edizione, che sarà presentata oggi a livello europeo e anticipata dai principali giornali dei diversi paesi, la percentuale di donne nei cda delle società europee è salita all'11,7% dal 9,7% del 2008 e dall'8,5% del 2006. Il progresso più importante da quando nel 2004 fu stilato il primo report Board Monitor, che porta il numero delle donne a quota 571 su un totale di 4.875 posizioni nei board. I cda europei sono quindi in media composti di 11,7 membri, di cui 1,4 sono donne. Positivo anche il trend che vede aumentare il numero delle aziende con almeno un consigliere donna: l'80% contro il 72% del 2008.
La ricerca, che prende in esame le 334 maggiori società per capitalizzazione in Europa, evidenzia ancora due distinte polarizzazioni: da una parte i paesi del nord europa e dall'altra quelli del mediterraneo. In media l'incremento della presenza femminile è stato, infatti, del 21% ma le differenze tra paese e paese permangono con un gap davvero enorme fra l'apice della classifica con la Norvegia a quota 37,9% di donne nei board al Portogallo che vivacchia con un 3,4 per cento. Gli incrementi maggiori si sono avuti nella parte bassa della classifica dove proprio il Portogallo, con l'Italia, la Grecia, la Spagna, il Belgio e la Francia hanno in media raddoppiato la quota.