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Economia Aziende

Mandarin al raddoppio per nuovi investimenti

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2010 alle ore 08:06.

Un impegno pari a 10 miliardi di renminbi (circa 1,2 miliardi di euro), coperto e garantito da China Development Bank Securities, il braccio operativo-finanziario dello stato cinese. È la ricca dote di partenza del Mandarin Capital Partners II, il nuovo fondo di private equity che raccoglie il testimone del Mandarin I, lo strumento finanziario nato alcuni anni fa per sostenere gli investimenti in aziende italiane attive sul grande mercato cinese, e in aziende cinesi che vogliono rafforzare la loro presenza in Italia e in Europa.

«Il Mandarin – spiega Fabio Roversi Monaco, 71 anni, presidente del fondo – ha dimostrato in questi anni di poter gestire problematiche complesse, con un'ampia condivisione degli obiettivi tra i soci italiani e quelli cinesi. E proprio per questo, il fondo viene ora individuato dai cinesi come interlocutore privilegiato per la gestione di una dote finanziaria iniziale di 1,2 miliardi di euro. Si tratta di una importante prospettiva per il futuro, con investimenti che saranno realizzati in Italia e in Europa attraverso la consulenza del fondo Mandarin».
Roversi Monaco, che è anche presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Bologna, firmerà oggi a Roma a Villa Madama l'accordo sul Mandarin II, e altri accordi di cooperazione industriale sino-italiana propiziati dal Fondo, alla presenza del primo ministro cinese Wen Jiabao, in visita in Italia, e di quello italiano, Silvio Berlusconi. «C'è un interesse crescente dei cinesi verso le imprese italiane ed europee – dice l'ex rettore dell'Università di Bologna. – L'establishment economico-finanziario cinese ha una valutazione positiva del Mandarin, e non a caso gli investimenti principali sono stati fatti sul mercato italiano. Si tratta di una grande opportunità: i cinesi hanno un'economia che, pur con tante ombre, marcia a una velocità significativa, con un'intuizione e una voglia di fare che sono ormai sconosciute in Italia e in Europa».

Rispetto al Mandarin I, che è un fondo di diritto lussemburghese, il Mandarin II sarà un fondo di diritto cinese, denominato in renminbi. Il nuovo strumento di private equity accentuerà inoltre la sua vocazione internazionale, che pure era già importante prima del rifinanziamento di oggi. La possibilità di sottoscrizione del Fondo, prima limitata a società italiane, sarà infatti estesa a società europee ed extraeuropee.

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Tags Correlati: Capital Partners II | Fabio Roversi Monaco | Italia | Mandarin II | Pechino | Risparmio personale | Silvio Berlusconi | Università degli studi di Bologna | Wen Software

 

Nella sua struttura e nei suoi obiettivi, Mandarin II tende in effetti a riflettere la nuova fase dell'economia cinese. Non più o non solo la Cina dell'export, ma la Cina sempre più protagonista del "go global", delle aziende che dopo avere raggiunto una certa taglia e capacità si sentono motivate per investire sui mercati maturi dove acquisire in tempi rapidi capacità tecnologiche e marchi di prestigio, da utilizzare per rafforzarsi ulteriormente sul grande mercato interno o per proseguire l'espansione fuori confine.

Il nuovo strumento prende inoltre in considerazione il fatto che la Cina è riuscita a creare in questi anni un mercato di private equity molto forte, che diventerà sempre più protagonista della scena economica internazionale. Negli ambiziosi piani di Pechino, infatti, Shanghai è destinata a diventare una capitale finanziaria globale. È quindi molto importante imparare a lavorare con i capitali cinesi, sia in questa fase di lenta e faticosa uscita dalla crisi economica internazionale, sia in una prospettiva di rilancio.
In tre anni di presidenza del Fondo Mandarin, Roversi Monaco ha visto cambiare l'atteggiamento degli investitori italiani nei confronti del mercato cinese: «C'è stata sicuramente una diffidenza iniziale, che è andata però progressivamente dissolvendosi. Le cose fatte dai cinesi hanno parlato per loro, e hanno dimostrato affidabilità: quando ci si avvicinava all'Olimpiade di Pechino si ipotizzavano enormi difficoltà, poi quelli cinesi sono stati Giochi olimpici che hanno messo in mostra un'alta capacità di organizzazione. Una capacità, del resto, che i cinesi sanno molto bene trasferire nel mondo degli affari: non concedono nulla, sono grandi negoziatori, ma hanno le idee chiare e hanno i mezzi. Le operazioni che saranno realizzate in futuro saranno numerose, perché la Cina ha una forza che può aiutare a superare i nostri impasse».

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