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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2010 alle ore 09:45.
Sembrano un po' come i protagonisti di un vecchio film militante di Alexander Kluge, "Gli artisti sotto la tenda del circo: perplessi", ma senza l'inerzia degli intellettuali sessantottini di Germania cui l'opera si riferiva. E la bussola che simboleggia il XII Forum sulle Pmi promosso da Piccola Industria di Confindustria, non vuol dire che siano disorientati, anzi. A Prato riecheggia la frase di Seneca – «Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare» –, ma Paolo Bastianello, pragmatico presidente della Marly's, azienda vicentina del tessile-abbigliamento, nonché vicepresidente vicario di Sistema Moda Italia, spinge la metafora sul piano della sforzo comune tra imprenditori e istituzioni: «Il vento si è nuovamente alzato, il timone siamo noi, sarebbe ora che tutti, dico tutti, ci mettessimo a soffiare nelle vele per andare nella giusta direzione», dice ai margini del convegno.
I sentimenti più diffusi tra le Pmi a convegno sono il senso di solitudine rispetto alla politica, dalla quale in generale non si aspettano aiuti ma «un accompagnamento, specie all'estero» e il bisogno di ridefinire i rapporti con l'industria del credito anche se, come riconosce lo stesso Bastianello, qualcosa si sta muovendo, soprattutto tra le banche più radicate in uno specifico territorio: «Alcuni istituti, per fortuna, cominciano a valutare il merito di credito di un'impresa non solo guardando i numeri, che dopo una simile crisi difficilmente potranno essere buoni per i piccoli, ma dando importanza al capitale umano, alla storia dell'azienda, alle sue idee, alla capacità di innovare». La strada è lunga, ma nei corridoi del complesso congressuale del Farsetti, dove centinaia di rappresentanti delle Pmi hanno ascoltato i relatori, ma si sono soprattutto scambiati opinioni e impressioni tra una pausa caffè e l'altra, c'è un forte senso d'urgenza. L'impressione di trovarsi di fronte a una svolta, a causa o paradossalmente grazie alla crisi, è fortissima: o si cambia passo, si alza l'asticella delle strategie d'innovazione, si migliora l'accesso ai finanziamenti, si ricevono risposte dal governo su fisco, infrastrutture, costi energetici, semplificazione amministrativa, o il patrimonio manifatturiero italiano, quinto al mondo per capacità produttiva, rischia grosso.