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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2010 alle ore 08:26.
La Cina, che nei giorni scorsi ha alzato i tassi d'interesse, ha annunciato una decelerazione al 9,6% della sua crescita nel terzo trimestre e un'inflazione record degli ultimi due anni, cifre positive secondo il governo e gli analisti, che mostrano l'efficacia delle misure prese per evitare un riscaldamento dell'economia. I mercati azionari cinesi hanno però evidenziato qulache perplessità: la Borsa di Shanghai ha infatti ceduto lo 0,68 per cento. Mentre lo yuan, nonostante il taglio dei tassi, non decolla nei confronti del dollaro.
La crescita aveva toccato l'11,9% nel primo trimestre e il 10,3% nel secondo ed è calata ulteriormente nel terzo che però si confronta con una base più elevata l'anno precedente, perché l'economia cinese è ripartita appieno nell'estate 2009, dopo avere a sua volta subito lo choc della crisi finanziaria.
In Cina l'aumento dei prezzi al consumo su base annua registrato in settembre é stato del 3,6%. «Ma potrebbe scendere nei prossimi mesi e alla fine dell'anno, il tasso di inflazione essere contenuto nel +3%» ha dichiarato oggi il portavoce dell'Ufficio di Statistica cinese Sheng Laiyun, sottolineando due aspetti.
Uno sostanziale: a fine anno dovrebbe incidere il dato positivo del raccolto agricolo, contenendo i prezzi dei prodotti alimentari. Uno tecnico: la base di calcolo per l'inflazione annua di settembre (settembre 2009) era particolarmente contenuta. In sostanza, secondo Sheng, saranno i cambi, e quindi i prezzi delle importazioni, a fare la differenza. Nei primi 9 mesi dell'anno comunque (settembre incluso) il dato annuo dell'inflazione è stato del 2,9%. Questo - ha sottolineato Sheng - nonostante i forti aumenti delle materie prime importate.