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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2010 alle ore 06:41.
MILANO
«Uno strumento importante per resistere in una fase difficile e per poter guardare avanti», oltre la crisi. Alessandro Visconti è il direttore del personale e organizzazione di Safilo. Il suo gruppo a luglio dell'anno scorso ha cominciato a sfruttare la cassa integrazione straordinaria e lo ha fatto per un anno fino a luglio di quest'anno. A conclusione di questo periodo ha fatto ricorso, dopo l'accordo con la regione Friuli Venezia Giulia, all'utilizzo della cassa in deroga che scadrà a febbraio del 2011.
Dopo? Al momento è difficile fare previsioni, la società sta lavorando, anche con il sindacato, alla stesura di un piano industriale.
Nei prossimi mesi il quadro sarà più chiaro e solo allora la società deciderà se proseguire o no con la cassa in deroga.
In ogni caso resta il fatto «che questo strumento come tutti gli ammortizzatori si è rivelato fondamentale per affrontare una fase difficile».
Dei circa 850 dipendenti del gruppo, sono 650 quelli che usufruiscono della cassa in deroga.
«L'unica differenza rispetto alla cassa integrazione straordinaria per i dipendenti è stata che mentre quest'ultima veniva erogata dall'azienda, la prima è invece assegnata dall'Inps, circostanza che all'inizio ha comportato qualche ritardo».
Dal Nord Est al Nord Ovest la cassa in deroga viene promossa pure dalle imprese tessili di Biella alle prese nei mesi precedenti con una crisi difficilissima.
«Ora - spiega il presidente della locale Unione industriali, Luciano Donatelli - registriamo segnali di ripresa, grazie al fatto che molte delle aziende del lusso che noi forniamo fanno in Cina il 40% dello loro fatturato. Questo significa che se loro vanno bene e crescono anche noi andiamo bene e cresciamo. Stiamo cominciando a sfruttare il traino della locomotiva asiatica. L'onda lunga di questo recupero arriverà in pieno, stimiamo, tra sei o otto mesi, da qui ad allora la cassa in deroga sarà una boccata di ossigeno per le nostre aziende».
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