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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2010 alle ore 08:01.
«Se guardo indietro, all'aprile 2008, quando sono stata eletta presidente dei Giovani imprenditori, lo scenario mondiale era completamente diverso. È cambiato tutto: nuovi competitori, nuove tecnologie, che stanno imponendo un diverso modo di produrre. Con accelerazioni molto più rapide del passato». Federica Guidi parte da questa premessa per arrivare ad una considerazione: le regole che hanno permesso la crescita del paese e lo sviluppo delle aziende oggi non vanno più bene. «Innovazione» deve essere, secondo la Guidi, la parola chiave per il futuro.
A partire dalle relazioni industriali, ma non solo: «occorre una svolta culturale, che coinvolga tutto il paese, dall'amministrazione pubblica, alla giustizia, alla formazione, scuola e università». Di questo parlerà venerdì, aprendo il convegno dei Giovani imprenditori a Capri, dal titolo "Lo sguardo di oggi sull'impresa di domani". Il caso Fiat, dice la Guidi, mette al centro la questione dei rapporti nelle fabbriche: «Serve più flessibilità, occorre dare ancora più spazio alla contrattazione aziendale e individuare nei luoghi di lavoro un modo diverso di produrre, che possa farci restare competitivi». Proprio al suo debutto da presidente, la Guidi aveva lanciato l'idea di un contratto "tailor made", cioè tagliato su misura sulle esigenze delle imprese, come ultimo passaggio di una trasformazione che vede l'azienda protagonista.
«Era stata una provocazione. Ma oggi, come dimostra la vicenda Fiat, è quantomai attuale: troppe leggi, troppe rigidità nel mercato del lavoro, che penalizzano la produttività, il problema numero uno da affrontare per essere competitivi».
Sono i punti su cui insiste l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, mettendo in evidenza che abbiamo troppo poca produttività e competitività non solo se ci paragoniamo a Cina e India, ma nei confronti dei paesi europei: condivide?
Certamente. Dobbiamo essere pronti a cogliere le opportunità del mercato, quando si presentano. E vendere i nostri prodotti. L'operaio non è più la macchietta del film "Tempi moderni": è sempre più un professionista. E questo va di pari passo con una maggiore diffusione dei contratti aziendali, per definire modalità di lavoro e legare il salario alla produttività.