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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2010 alle ore 06:40.
MILANO
Consapevoli, reattive e dinamiche: così appaiono le imprese italiane agli occhi degli operatori esteri che durante la crisi hanno mantenuto, e in molti casi sviluppato, relazioni economico-commerciali con il nostro paese. È la fotografia scattatata dall'indagine «Ve(n)dere oltre la crisi» di Assocamerestero e Unioncamere, presentata durante la XIX Convention mondiale della Camere di commercio italiane all'estero in corso a Parma.
Nonostante il difficile momento congiunturale, l'apertura all'estero continua a rappresentare un punto di forza per il sistema produttivo italiano: nel primo semestre 2010, oltre due terzi degli intervistati (il 69%) riscontra una ripresa dell'attività in ambito internazionale, contro il 54% degli ultimi sei mesi del 2009, soprattutto tra le piccole e medie imprese. Per il 75% degli intervistati sono proprio le pmi infatti a mostrare un atteggiamento maggiormente proattivo rispetto alla crisi globale e risultano le più presenti all'estero.
«Le imprese – commenta Augusto Strianese, presidente di Assocamerestero – sono consapevoli che l'apertura all'estero rappresenta un fondamentale fattore di sviluppo per il business aziendale, sia in termini di aumento del giro di affari e dei profitti sia di accesso a nuove idee ed esperienze. In tal senso, le Camere di commercio italiane all'estero costituiscono una risorsa fondamentale in termini di informazioni strategiche sui nuovi trend internazionali e per azioni di supporto concreto a modalità di presidio più stabili e strutturate sui mercati».
E proprio la ricerca di nuovi sbocchi commerciali (24,3%), seguita dalla razionalizzazione dei costi produzione (18,1%) e dalla ricerca di nuove forme di alleanze e aggregazione con altre imprese (16,4%), rappresenta la principale contromisura delle Pmi italiane per rimanere competitive nonostante la crisi.
L'attuale clima congiunturale ha profondamente influenzato le strategie di posizionamento delle imprese internazionali sempre più impegnate alla ricerca di nuovi mercati e per questo obbligate a confrontarsi con competitor con elevata dinamicità economica e demografica. Ma anche l'Italia stessa è chiamata al confronto con paesi che rischiano di erodere quote di mercato delle produzioni made in Italy. Oltre la metà degli intervistati, il 52%, rileva l'ingresso nello scenario internazionale di nuovi competitor del made in Italy nell'ultimo anno.