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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2010 alle ore 06:40.
Non è più tempo di internet gratis. Stefano Parisi, presidente di Asstel, sfrutterà l'appuntamento di oggi per provare a sfatare definitivamente il tabù della rete libera per tutti. Parisi, che è anche a.d. di Fastweb, rappresenta la posizione dell'intera industria della telefonia che non si riconosce più nell'attuale modello di business dominato da attori come Google, Apple, Youtube, social network. «La net neutrality va ridiscussa – dice –. Se intendiamo che il gestore della rete non deve discriminare tra contenuti, al netto della normale gestione per garantire il funzionamento, siamo d'accordo. Mi sembra invece improponibile che gli operatori tlc, che investono per aumentare la qualità delle proprie reti, non possano garantire velocità maggiori e certificate ai content provider che, a parità di condizioni, sono disposti a pagare di più per offrire al proprio cliente un servizio migliore».
È solo un modo di compensare la crisi delle tlc?
Non si può ridurre tutto a questo. Internet ha bisogno di qualità e la qualità va pagata. Comunque vorrei sottolineare che per anni c'è stato un problema di percezione delle tlc. C'è quasi un accanimento nell'individuarle come il settore al quale, per il solo fatto di essere molto profittevole, si può attingere per trovare risorse che diversi business non hanno la capacità di reperire sul mercato.
Può fare degli esempi?
Ci hanno estorto una tassa da corrispondere per il diritto d'autore, se ne propone un'altra per finanziare il cinema, gli editori vorrebbero da noi parte dei ricavi perché, secondo loro, le persone si abbonano ad internet per leggere i giornali. Ma nessuno ricorda che a fronte di margini elevati l'industria delle tlc investe 6-7 miliardi l'anno, il 15% dei ricavi, e ha continuato a investire anche in questi anni di crisi.
Anche le tlc hanno pagato la recessione internazionale?
Direi che abbiamo piuttosto sofferto alcune criticità strutturali. Dobbiamo fare i conti con un trend iniziato nel 2006: ricavi in diminuzione, soprattutto a fronte del calo della voce fissa e della staticità dei volumi della voce nel mobile. Il traffico dati è esploso, ma senza compensare questa dinamica.