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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2010 alle ore 15:15.
Dopo la giornata (amara) di Barack Obama, ora tocca all'uomo della Fed. A quel Ben Bernanke che vuole proseguire sulla strada dell'allentamento quantitativo, della politica monetaria ultra-espansiva. All 19.15 la Federal reserve americana darà l'indicazione sui tassi. Che, si sa, rimarranno invariati. Ciò che verrà indicato, invece, è l'esatta strategia di Bernanke a sostegno dell'economia. Il "famoso" Q2, il quantitative easing 2, l'allentamento quantitativo 2...nella lingua di noi semplici mortali: il nuovo giro di acquisto di titoli di stato da parte della Fed, per immettere altra liquidità nel sistema.
Lo sanno anche i sassi che il consensus di mercato stima un primo intervento da 500 miliardi di dollari nell'arco di 6 mesi. Solo qualche giorno fa lo stesso consensus prevedeva una mossa ben più cospicua. Ma, dopo un articolo del Wsj sulle perplessità all'interno della riserva federale Usa, sempre il consensus ha abbassato le sue stime. Ovviamente, pronto a rialzarle se dovesse saltare fuori qualche novità: le stime, ormai, si vendono dietro l'angolo come bustine di droga, tanto il mercato è dipendente da qualsiasi tipo d'informazione.
I contrasti verso Bernanke, che fa "troppo l'Helicopter", non sono solo all'interno del suo board; dure le critiche di molti paesi che contrastano la politica di eccessivo supporto alla svalutazione del dollaro. Non è un caso che la Banca centrale del Giappone abbia in programa domani la sua riunione del comitato monetario. Sa tanto di: «siamo pronti alla contromossa».
«Come sappiamo dai recenti interventi valutari - dice Richard Woolnough, gestore di M&G Optimal Income Fund - i giapponesi non vogliono che la loro valuta si apprezzi». Quindi, come reagirebbero alla Fed? «Probabilmente facendo ricorso alla semplice teoria economica della domanda e dell'offerta: per mantenere lo yen allo stesso tasso del dollaro, potrebbero semplicemente seguire la Fed stampando una quantità appropriata di yen, manovra che potrebbe essere definita un intervento non convenzionale sui cambi».
Un'attività che, sul fronte, delle obbligazioni potrebbe avere un ben preciso effetto. «Tutto ciò - spiega Woolnough- suona molto inflazionistico e negativo per le obbligazioni. Tuttavia, se la maggior parte del denaro creato in paesi come gli Stati Uniti e il Giappone, e probabilmente la Gran Bretagna (il 70% del Pil del G7), è inizialmente utilizzato per ricomprare debito governativo, allora i mercati obbligazionari potrebbero, alquanto bizzarramente, non avere altra scelta se non il rally, in un ambiente potenzialmente ad alta inflazione».