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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2010 alle ore 08:15.
La ripresa economica si consolida nel terzo trimestre soprattutto al Nord, mentre il Sud e le Isole soffrono ancora. Gli artigiani, poi, pagano con una vera e propria «selezione darwiniana» la crisi: chi è riuscito ad affacciarsi sui mercati internazionali oggi può coglierne i frutti ed esporta a pieno ritmo. Chi invece è rimasto tagliato fuori dai mercati emergenti o dai paesi che meglio hanno reagito alla crisi, resta al palo o si muove «a passo di gambero».
Dall'indagine congiunturale Unioncamere del terzo trimestre sull'industria manifatturiera (campione di 1.200 imprese fino a 50 dipendenti), emerge un quadro articolato che si traduce comunque in previsioni positive per gli ultimi tre mesi dell'anno: il saldo tra quanti prevedono un aumento del fatturato e quanti invece un calo è positivo per 13 punti (6 un anno fa). Un ottimismo che però non coinvolge le aree e le categorie in sofferenza: il Sud (+8) e l'artigianato (+6 come nel 2009).
La produzione industriale è cresciuta del 2% anche nel terzo trimestre, il secondo consecutivo con il segno più: la prima volta dall'inizio della crisi. Anche l'andamento del fatturato resta positivo, sia pure a ritmi più lenti rispetto al secondo trimestre (+1,4 contro +2%), mentre accelera il portafoglio ordini: +2% (-13,5% un anno fa e appena +0,1% nel secondo trimestre 2010). È innegabile l'effetto rimbalzo: il confronto è con la fase acuta della crisi, ma sono indicatori che «consentono di respirare un'aria diversa – riconosce Mauro Manassero, ad di Petrovich Group, azienda di arredamenti di Pordenone, e presidente della sezione legno-arredo di Unindustria – ed essere più ottimisti per il prossimo futuro». Ma non è così per tutti: gli ordini calano dello 0,5% per gli artigiani. Va molto peggio per il Sud e le Isole, con un pesante -3,7%.
Le ragioni di fondo le spiega Domenico Mauriello, del Centro studi Unioncamere, che invita a guardare all'export: «Oggi sta bene chi ha saputo guardare avanti e durante la crisi non è rimasto a guardare il fatturato che crollava, ma ha trovato la forza per cercare nuovi sbocchi e per innovare processi e prodotti». È il caso del distretto della meccanica di Pordenone, che realizza il 50% delle vendite all'estero e che ha trascinato le imprese artigiane dell'indotto, come conferma Daniela Fontana, responsabile progetti del distretto. Non va così dalla parte opposta dello stivale. Raffaele Mostaccioli, è sconfortato. «Non c'è indotto, non c'è cultura di filiera e di consorziare le aziende non se ne parla. Ora speriamo nei bandi regionali per promuovere le filiere ma – afferma con disincanto – in passato quasi tutti i progetti sono naufragati: troppo individualismo».