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Economia Aziende

Da Giussano alla conquista del mercato globale

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2010 alle ore 06:39.

Ormai si è capito che una delle più probabili uscite dalla crisi per il nostro capitalismo è quella che conduce verso l'internazionalizzazione e i nuovi mercati globali. Tra il dire e il fare, tuttavia, ci sono di mezzo almeno tre grandi questioni. La prima riguarda la crescita dimensionale delle imprese; la seconda, la capacità di superare la difficile fase dell'eredita imprenditoriale; la terza, infine, la messa in rete del "saper fare" con i nuovi saperi terziari necessari alla competizione.
Se ne discute molto, oggi, fra Torino, Detroit e la Serbia. Bene. Ma guardiamo anche ai territori del nostro capitalismo molecolare. A Giussano, per esempio. In quella città infinita del design dove, ancora oggi, tenacemente, si combatte la vulgata dell'Italia come "parco a tema", non più in grado di produrre cose e di venderle nel mondo. A Giussano, da ormai quasi ottant'anni, ha la sua sede il Gruppo Molteni. Azienda emblematica, a mio modo di vedere, in cui c'è tutto quel che serve per stare a galla nel nuovo mondo. Ci sono le fabbriche, innanzitutto. Cinque per la precisione. Da cui oggi escono 28mila sedie e 600mila pannelli ogni anno, frutto delle 700mila ore di lavoro degli oltre 900 addetti, più l'indotto. Prodotti che verranno poi venduti in 60 Paesi, nei più di 600 negozi monomarca e showroom attraverso cui l'azienda - multinazionale non più tascabile dalle solide radici territoriali - presidia ogni fuso orario del mondo.
Numeri di un piccolo capitalismo cresciuto "a grappolo", in cui un'impresa ne fa quattro. Attraverso un processo - iniziato già negli anni '70 - di progressiva diversificazione della produzione e di acquisizioni di altri marchi storici del territorio, come Dada, Unifor, Citterio. Da qui si parte per intraprendere la strada della transizione dalla quantità alla qualità, dai numeri al valore. Frutto della collaborazione con grandi designer come Aldo Rossi, Luca Meda, Afra e Tobia Scarpa, Michele De Lucchi, Jean Nouvel, Norman Foster, Alvaro Siza, Hannes Wettstein, Patricia Urquiola. Grazie ai quali l'impresa è oggi fra i leader di mercato nelle cucine d'alta gamma, nei mobili per ufficio, nel mercato del contract e delle realizzazioni "chiavi in mano" degli arredamenti per importanti catene alberghiere, ambasciate, navi da crociera, teatri come la Fenice di Venezia, imprese come IBM, Cartier, Conde Nast e Bloomberg, fino alla nuova sede del New York Times progettata da Renzo Piano. Ha investito parecchio sulla qualità, il Gruppo Molteni. E oggi prova a farne il proprio segno distintivo, quotando questa sua attitudine al mercato del simbolico e del lavorare comunicando. Lo fa attraverso il lavoro di Francesca Molteni, che rappresenta la terza generazione di questa famiglia-impresa, figlia dell'attuale Presidente, Carlo. Singolare, il percorso di Francesca. Studia filosofia. Si dedica al video giornalismo con Enrico Deaglio, in RAI, raccontando per due anni l'Italia con una telecamera in mano. Poi New York, i primi lavori su arte e design e web, la nascita della sua società che si chiama Muse Project Factory e che produce programmi e, soprattutto, istallazioni video. Nel 2007, dopo tanto migrare, torna a casa. In occasione del lancio di una nuova linea di armadi dell'azienda di famiglia, produce uno spettacolo teatrale che si chiama "La vita in un armadio", sei monologhi recitati da Anna Galiena, in cui sei icone della femminilità del '900 - Evita Peron, Elisabetta II d'Inghilterra, Frida Kahlo, Marguerite Youcenar, Maria Callas, Marylin Monroe - raccontano la loro vita a partire dal loro armadio. Rincontrando la famiglia in ambito professionale, Francesca si scopre molto più simile al padre di quanto pensasse. Per lei, così come per lui e per suo nonno Angelo, il fondatore, quel che fa è un "progetto di vita", l'affermazione della sua identità in cui privato e professione si mescolano e si confondono l'uno nell'altro. Vita nuda al lavoro del capitalismo creativo e cognitivo che si mette allo specchio con le proprie radici manifatturiere e territoriali. «Il legno con cui si fanno i mobili, il ricorso ultimo all'artigianìa, danno il senso di un legame ancestrale fra l'attività d'impresa e il territorio - spiega - Io queste cose le ho sempre rifiutate, mi sono sempre interessata ad altro, alla filosofia, al mondo. Pensando fossero inconciliabili con il territorio. Ora invece ne sono irrimediabilmente attratta». Comincia a lavorare sull'identità delle imprese manifatturiere del capitalismo di territorio italiano, dal mobile alle ceramiche. Studiando i meccanismi per aprire nuove strade per allargare la visuale delle aziende oltre a ciò che si era fatto e prodotto sino a quel momento, per evitar loro di rinserrarsi nel fondamentalismo del già fatto e del già vissuto. L'ultimo passo, Francesca, l'ha compiuto poche settimane fa. Creando e diventando responsabile dello "Spazio della qualità" di Molteni, all'interno dell'azienda stessa, che ospiterà mostre, video istallazioni, eventi di comunicazione. Uno spazio, questo, che nelle intenzioni di Francesca e della sua famiglia diventerà un luogo aperto all'incontro con il territorio, ospitando mostre, workshop con le scuole, rappresentazioni legate al mondo del design. Prima erano loro, quelli che lavoravano per produrre, che andavano al Salone del Mobile per rappresentarsi. Oggi, si portano a casa pezzi della Triennale di Milano. Mettendo assieme, nel medesimo luogo, produzione e rappresentazione. Non solo. Nei giorni in cui, per la prima volta nella storia italiana, due donne come Emma Marcegaglia e Susanna Camusso sono ai vertici di Confindustria e Cigl, la storia di Francesca Molteni dimostra come anche nel mondo dell'impresa e dell'economia reale, e non solo sulla punta della piramide, il ruolo delle donne al lavoro sia sempre più fondamentale nell'evoluzione del "produrre per competere" verso "il lavorare comunicando". Anche questi, segni di un mondo che cambia. E di imprese che, come al solito, sembrano averlo già capito. Prima e meglio di chi lo studia e lo racconta.

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Tags Correlati: Aldo Rossi | America | Anna Galiena | Cigl | Citterio | Confindustria | Dada | Francesca Molteni | Frida Kahlo | Giussano | IBM | Marguerite Youcenar | Maria Callas | Marylin Monroe | Muse | Politica | RAI

 

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