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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2010 alle ore 06:41.
MILANO
Piccoli spin-off crescono. E oltre a crescere, si consolidano. Tanto che oggi l'universo delle 800 imprese nate dalla ricerca universitaria italiana vale 600 milioni di fatturato l'anno e occupa stabilmente 8mila persone. Ancora si aspetta che tra loro nasca il fuoriclasse alla Google, questo è vero, ma almeno i numeri dicono chiaramente che il tempo della riserva indiana è finito: oggi gli spin-off hanno le carte in regola per stare sul mercato, come tutte le altre imprese.
La fotografia più recente e dettagliata sull'ecosistema è stata elaborata nei mesi scorsi dal laboratorio Management e innovazione della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, su incarico – nell'ambito del programma Riditt – dell'Istituto per la promozione industriale, oggi confluito nel ministero dello Sviluppo economico. Una vera e propria fotografia di gruppo, dove a prevalere sono le imprese junior: la stragrande maggioranza degli spin-off, infatti, è nata dopo il 2000 e oggi ha un'età media di cinque anni. Una media destinata addirittura ad abbassarsi, visto che fino al 2008 (il 2009 ha segnato un calo, ma qui il dato è provvisorio) ogni anno ha visto costituirsi in media 100 nuove imprese.
Dunque l'esercito è in espansione. Ma più della quantità, la buona notizia è nella crescita qualitativa delle imprese, sempre meno improvvisate e sempre più muscolose: «Negli ultimi 2-3 anni è arrivata la svolta», commenta Andrea Piccaluga del Main Lab, il ricercatore che ha coordinato l'indagine. «Oggi constatiamo che c'è un buon numero di imprese che nasce con il piede giusto, con le risorse necessarie, con un partner finanziario appropriato. Tutto questo è confortante».
Anche perché fino alla metà degli anni 2000 era tutt'altro che scontato: «Il merito – aggiunge Piccaluga – è dei ricercatori, che sicuramente possono vantare una preparazione maggiore anche negli aspetti tipicamente manageriali, ma anche del contesto. Gli investitori guardano agli spin-off con meno perplessità rispetto al passato, e anche le imprese più strutturate hanno capito che tra loro spesso può nascondersi un partner industriale strategico». Anche perché, e in questo caso si tratta di una tendenza non nuova, le start-up confermano la capacità di polarizzarsi sui settori più vivaci dal punto di vista tecnologico, che – dopo le fasi iniziali contraddistinte da Ict ed elettronica – oggi corrispondono essenzialmente alle scienze della vita, all'energia e all'ambiente.