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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 06:41.
Sergio Marchionne propone di esportare il modello Pomigliano a Mirafiori. «È un'idea fenomenale. Se riusciamo a raggiungere quel livello là, partiamo immediatamente» ha detto l'amministratore delegato della Fiat partecipando ieri a Torino alla cerimonia di consegna della laurea ad honorem in Architettura al designer Giorgetto Giugiaro.
Marchionne ha sottolineato che «su Mirafiori il confronto parte quando vogliono i sindacati: noi siamo pronti da mesi e abbiamo le vetture da fare. C'è un accordo di principio con alcuni sindacati, vediamo se riusciamo a ricucire il tutto». Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha risposto che «non si può mettere in alternativa il lavoro e i diritti. Questa è l'operazione che è stata prodotta a Pomigliano, che non va bene. La storia di questi mesi – ha proseguito – dimostra che la volontà di rompere i sindacati tra di loro determina per tutti dei problemi». «Noi vorremmo sapere – ha concluso la Camusso – che piano industriale c'è, in ragione di un'azienda che sta perdendo quota nel mercato perché evidentemente non ha modelli competitivi con gli altri. E siccome Marchionne ogni tanto ama dire che lui è per avere i salari tedeschi, noi rispondiamo che vorremmo l'insieme del modello tedesco dell'auto, partendo dalla progettazione per arrivare a come si lavora». Nei mesi scorsi Marchionne non ha voluto scoprire le carte sui veicoli da produrre a Torino, dopo che la monovolume L-zero, prevista per Mirafiori nel piano presentato a Governo e sindacati meno di un anno fa, è stata dirottata in Serbia. A parte l'Alfa Romeo Mito, gli altri modelli attualmente in produzione sono a fine produzione (come la Multipla) o vicini, come Linea e Musa che verranno sostituiti dalla L-zero.
Ieri intanto si sono tenute a Mirafiori le assemblee degli iscritti a Fim, Uilm e Fismic; i lavoratori chiedono in un ordine del giorno che tutta la trattativa con la Fiat sullo stabilimento venga seguita attraverso le assemblee e che ci sia un referendum finale su un'eventuale ipotesi d'accordo. Secondo i risultati di un questionario distribuito dalle stesse sigle oltre che da Ugl ed Associazione Quadri – diffusi dagli stessi sindacati – il 62,7% dei lavoratori ritiene che «un forte investimento che dà garanzie occupazionali possa essere scambiato con flessibilità per massimo 18 turni, fermo restando l'orario settimanale a 40 ore».