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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2010 alle ore 09:29.
Alla China Overseas Investment Fair di due settimane fa a Pechino, l'establishment cinese ha confermato - se mai ce ne fosse stato bisogno – la propria benedizione alle aziende del paese che andranno a investire all'estero. Venerdì l'autorevole Economist ha dedicato la sua copertina al cosiddetto «Go Global», le acquisizioni made in China di aziende all'estero: un decimo del valore di tutti gli M&A realizzati quest'anno nel mondo lo si deve proprio alle imprese di Pechino.
E l'Italia? Nel suo piccolo, si sta attrezzando per attirarne i capitali. La visita del premier cinese Wen Jiabao dello scorso ottobre è stata l'occasione per fare il punto su quanta Cina c'è già in Italia, da Haier a Temax, da Cosco a Zoomlion. Che ai partner cinesi il nostro paese è interessato, lo dimostra anche la scelta di assegnare il Premio Leonardo International 2010 proprio al presidente del colosso cinese Zoomlion, Zhan Chunxin, che due anni fa aveva rilevato l'italiana Cifa. Secondo il ministero cinese del Commercio estero, sono 129 le imprese che hanno ottenuto l'ok a investire in Italia. Mentre il fondo di private equity Mandarin Capital Partner ha già deliberato tre nuove acquisizioni di aziende italiane da parte di compagnie cinesi, che verranno formalizzate nel giro dei prossimi mesi, due entro la fine dell'anno. Si tratta di un buyout, una partecipazione di maggioranza e una di minoranza; due delle imprese italiane in questione riguardano il comparto farmaceutico.
«Nei prossimi anni dovremo imparare ad approcciare i mercati finanziari della Cina e per cavalcare quest'onda bisognerà saper sfruttare gli investimenti in arrivo, incluse le opportunità che Pechino può offrire alle Pmi italiane», sostiene Alberto Forchielli, ideatore del primo Fondo Mandarin e presidente di Osservatorio Asia. «Nell'immediato futuro – prosegue – il nostro paese diventerà una destinazione sempre più abituale dello shopping cinese. Siamo secondi in Europa, dietro alla Germania, per Pil industriale, ma a differenza dei tedeschi abbiamo imprese più piccole, quindi più abbordabili. In più, rispetto ai nostri competitor di Berlino, siamo più aperti agli investimenti esteri». In Germania le imprese sono più restie a farsi acquisire, preferiscono fondersi tra loro. Chi entrerà nel mirino della Cina? Secondo Forchielli, c'è spazio un po' per tutti: «Il comparto farmaceutico e quello medicale sono tra i target più ambiti oggi, ma restano alte le quotazioni della meccanica avanzata, delle macchine automatiche e dei marchi più piccoli dell'abbigliamento. Il quadrilatero privilegiato sarà quello compreso fra Bologna, Venezia, Milano e Torino: è qui che si concentra il nostro Pil industriale».