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Il «timbro» Bie sull'Expo 2015

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2010 alle ore 06:41.

PARIGI- Non era qui la festa, ma che importa. È qui che sono successe le cose decisive affinché Milano riuscisse a farcela. Da ieri non si può più tornare indietro: il sì definitivo alla registrazione del capoluogo lombardo come sede dell'Expo 2015 è arrivato a Parigi dall'assemblea generale del Bie, il Bureau International des Expositions, riunita per l'occasione nella sede dell'Ocse. «Un motivo d'orgoglio per tutti noi», ha commentato il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, secondo il quale la registrazione conferma «il ruolo di primo piano avuto dall'Italia anche sulla scena internazionale».

Il voto è stato unanime, senza troppa suspense, perché era già chiaro da settimane che dall'Italia tutto era stato sistemato, conferimento dei terreni inclusi, anche se sul filo di lana e col solito fiatone. Shanghai, 73 milioni di visitatori, un'Expo che ha fatto spettacolo e probabilmente farà storia, ha passato il testimone e la bandiera Bie è ora nelle mani di Milano, Italia.
Da subito comincia la fase operativa dell'evento che debutta con l'invito ufficiale da parte del presidente del Consiglio ai paesi membri del Bie. Letizia Moratti, sindaco di Milano e commissario per l'Expo, non era emozionata ed esultante come il 31 marzo 2008, giorno in cui la sua città si aggiudicò la manifestazione battendo Smirne, ma era comunque molto soddisfatta. Per lei l'Expo 2015 è un'occasione imperdibile in termini di creazione di posti di lavoro, di attrazione di investimenti e di sviluppo di competenze e know how legati al tema centrale della manifestazione, "Feeding the Planet, energy for Life": «L'Expo 2015 non lascerà opere monumentali - ha detto Letizia Moratti - ma soprattutto un Centro internazionale per lo sviluppo sostenibile che sarà il volto più autentico della manifestazione milanese». Della delegazione facevano parte anche il presidente di Expo Spa, Diana Bracco, e l'amministratore delegato della stessa società, Giuseppe Sala.


Dopo aver assistito al report della città coreana di Yeosu, che ospiterà l'Expo nel 2012, Sala ha sottolineato come in queste manifestazioni non vi sia più, ormai, una particolare criticità nella realizzazione delle infrastrutture: «A un anno e mezzo dall'esposizione i coreani hanno ancora lavori importanti da fare. A questo punto io sono tranquillo, non siamo in ritardo ma nei tempi giusti. Bisogna far passare concetti nuovi e superare quello secondo cui siamo in ritardo. L'importante adesso è far progredire assieme contenitore e contenuto».

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Tags Correlati: Bie | Diana Bracco | Expo Spa | Giuseppe Sala | Jean-Pierre Lafon | Letizia Moratti | Milano | Mostre | Ocse | Parigi | Silvio Berlusconi | Stati Membri

 

Secondo Diana Bracco, imprenditrice, la candidatura del sindaco Moratti ha mostrato una visione lungimirante: «Ora in tempo di crisi abbiamo nelle nostre mani uno strumento di grandi potenzialità per la crescita della nostra economia».
Con un investimento complessivo di 11,8 miliardi di euro, di cui 1,7 dedicati al sito dell'esposizione, Expo 2015 punta ad attirare 20 milioni di visitatori, un terzo dei quali stranieri, e 130 partecipanti. Letizia Moratti non si è voluta sbilanciare sull'impatto che l'attuale fase di instabilità politica in Italia potrebbe avere sui tempi di realizzazione del progetto. E in proposito si è limitata a sottolineare come il governo abbia confermato tutti gli investimenti dell'Expo: «È una delle poche voci non toccate in sede di manovra finanziaria».
Tra gennaio e febbraio partirà la macchina della comunicazione, da Milano ovviamente, per poi espandersi al resto della regione e del paese. Perché l'Expo, ha osservato Sala, non è un concetto di immediata comprensione. «E perché il suo successo, come insegna l'esperienza di Shanghai che ha potuto contare sull'aiuto e sull'entusiasmo di 80mila volontari, si costruisce con la partecipazione della gente, è il paese che deve crederci».
Nel giorno della legittima soddisfazione di tutti, il presidente del Bie, il francese Jean-Pierre Lafon, ha ricordato a Milano che il tempo non è mai dalla parte di chi organizza questi mega-eventi: «Quattro anni e mezzo non sono tanti e poi, vedrete, passeranno molto in fretta». Un monito gentile, col sorriso stampato dalla circostanza, che però tradisce un'apprensione di fondo nei confronti dell'impegno italiano, espressa in pausa caffè da molti esponenti del Bie: dopo essersi visti passare davanti tre diversi amministratori delegati (quelli della società di gestione dell'Expo, ndr) e dovendo controllare il primo Expo che non si svolgerà su un terreno interamente pubblico, il pensiero corre al nostro caos politico nel momento di maggior vulnerabilità della zona euro.

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