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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2010 alle ore 06:40.
MILANO
Razionalizzare il sistema fieristico, valorizzare la gestione diretta delle manifestazioni e sviluppare il ruolo delle associazioni confindustriali di categoria, quali custodi della tecnologia italiana: sono questi i tre driver della presidenza di Ettore Riello, 54 anni, imprenditore meccanico, presidente di Verona Fiere e neo presidente di Aefi, l'Associazione esposizioni e fiere italiane. Aefi rappresenta 40 società fieristiche che organizzano mille manifestazioni l'anno con 20 milioni di operatori e affari per 20 miliardi. Il 50% dell'export italiano trae origine dalle manifestazioni espositive.
Gli obiettivi di Riello sono chiari e vanno nella direzione di un sistema fieristico nazionale armonico, possibilmente senza duplicazioni e con ampi margini di crescita. Una strada lunga e difficile perché finora nell'universo fiere ha prevalso la legge della giungla: tutti contro tutti. In barba al tavolo di coordinamento promosso dall'ex viceministro Adolfo Urso che voleva «evitare la concorrenza sleale e il cannibalismo». Ora però il tavolo è andato in soffitta.
«La nostra è un'Italia spezzata e divisa – osserva Riello – dove la politica esprime degli auspici a cui però non seguono i fatti. In Germania e in Francia il sistema fieristico è regolato da norme di sistema che impediscono le duplicazioni e alla fine rafforzano la tutela degli interessi nazionali». Per il neo presidente il sistema dell'autoregolazione virtuosa è da scongiurare: «Si sa dove si inizia – sostiene – ma la fine è tutta da interpretare. Servono invece impegni vincolanti» perché l'obiettivo è quello di esaltare le eccellenze dei nostri prodotti: valorizzano il territorio, veicolano l'immagine di un settore e dell'Italia anche all'estero. Le fiere rilevanti «sono uno strumento potente ed efficace – aggiunge Riello – per far conoscere il prodotto e mettere in relazione sistemi diversi».
Un quadro perfetto quello di Riello, di fatto però lo spazio di manovra è ristretto: alla voglia di fare sistema si contrappone la tutela della concorrenza e del libero mercato e il pericolo che emergano cartelli, anche tariffari. «I calendari tedesco e francese – osserva Riello – di fatto svolgono ruoli sistemici da anni, non vedo perché il nostro debba configurarsi come un oligopolio». Ma Riello va anche oltre: «Il libero mercato si realizza quando tutti i player hanno pari opportunità. Se invece c'è qualcuno che si appella al mercato e poi incassa in vari modi contributi e sostegni e duplica alcune manifestazioni allora si distorcono i termini della competizione». Il biasimo poi aumenta quando la società ha una redditività altalenante.