House Ad
House Ad
 

Economia Aziende

Intervento dell'Amministratore Delegato del Gruppo Fiat Sergio Marchionne

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2010 alle ore 17:49.

Incontro con le Organizzazioni Sindacali, Torino, 26 novembre 2010

Buongiorno a tutti.
Voglio innanzitutto ringraziarvi per essere presenti qui oggi.
È una giornata importante, perché nonostante la natura "tecnica" dell'incontro, per cui la mia presenza potrebbe anche essere considerata non necessaria, vi illustrerò il piano che abbiamo pensato per Mirafiori.

E' una cosa che mi sta molto a cuore e che ha a che fare con ciò che Mirafiori rappresenta, per la città di Torino, per la Fiat e per la storia dell'industria dell'auto nel mondo.
Ci tenevo a farlo anche per tutte le persone che lavorano a Mirafiori e che in questi anni hanno condiviso, forse più di altri stabilimenti, le vicende della Fiat, i momenti difficili come i grandi successi.

E' il destino degli impianti che si trovano così vicini alla sede di un'azienda.
Ne conservano le radici, ne riflettono gli umori e ne vivono le sfide in modo molto più intenso.
Così è sempre stato per Mirafiori.
So bene che il grado di coinvolgimento emotivo di chi lavora qui è molto alto, in tutto quello che succede.

Dovunque nel mondo si parli della Fiat, sentono che è soprattutto di loro che si sta parlando.
Perché è un'azienda di Torino ed è prima di tutto la loro azienda.
E' per queste persone che sono qui oggi.

Come sapete, Mirafiori è stato il primo stabilimento di cui mi sono occupato quando sono arrivato in Fiat.
Inutile nascondersi che allora non si trovava in buone condizioni.
Ricorderete anche voi i titoli catastrofici dei giornali del 2004, che davano l'addio alla più grande fabbrica d'Europa.

Era in atto una specie di gara per suggerire cosa fare dopo, dandone per scontata la fine.
C'è chi voleva trasformarla in un centro commerciale o in un grande parco e chi voleva costruirci un circuito di Formula Uno.
A rileggere quegli articoli, adesso, ci sarebbe da sorridere.

Ma allora non c'era nulla di divertente.
Ricordo bene la realtà che mi sono trovato di fronte.
Era quella di uno stabilimento rassegnato, che aveva macchinari vecchi, aree dismesse e ambienti di lavoro maltenuti.
Era un impianto senza futuro.
Non poteva esserci orgoglio in quella fabbrica.
Non si trattava solo di una questione di piattaforme o di nuovi modelli.
Erano i reparti stessi, era l'assenza di attenzione verso le persone che davano l'idea di abbandono e di disinteresse.

L’articolo continua sotto

Tags Correlati: Alfa Romeo | America del Nord | Chrysler | Fiat | Formula 1 | Imprese | Joe Biden | Kokomo | Mirafiori Motor Village | New Holland | Sergio Marchionne | Sindacati | Torino

 

L'impegno che abbiamo preso immediatamente è stato quello di ridare dignità al lavoro in fabbrica e di intervenire per migliorare la qualità della vita della nostra gente, fuori e dentro lo stabilimento.

Nel giro di un anno abbiamo avviato e completato il "Progetto Benessere", rifacendo tutti gli ambienti di Mirafiori, a partire dalla Carrozzeria.
Abbiamo ristrutturato mense, spogliatoi, corridoi, aree di lavoro e di relax.
Abbiamo aperto un asilo nido per i figli dei dipendenti, garantendo un significativo contributo da parte dell'azienda per le fasce di reddito più basse.
Abbiamo aperto un supermercato interno, con orari di apertura studiati in base alle esigenze dei lavoratori, per offrire un servizio utile che facilitasse anche la vita oltre la fabbrica.
Si tratta di iniziative che nessuno dei Sindacati ci ha chiesto e che non rientrano in nessun obbligo contrattuale.

Lo abbiamo fatto perché pensiamo che la responsabilità della Fiat verso le proprie persone vada oltre il rispetto della legge e dei contratti.
Sentiamo di avere un dovere – principalmente morale – nei loro confronti.
A Mirafiori, siamo anche intervenuti su un altro aspetto: la desolazione di un comprensorio così ampio e così poco sfruttato.
Ci siamo impegnati a ridare vita a molti spazi abbandonati, recuperando edifici in disuso e portando all'interno del complesso nuove attività - commerciali, industriali e direzionali.
L'esempio più emblematico è quello dell'Officina 83, che cadeva a pezzi.
L'abbiamo ristrutturata e vi abbiamo portato il nostro Centro Stile, che è stato anche un omaggio alla tradizione creativa che da sempre è legata a questo luogo.
Abbiamo riqualificato aree da tempo dismesse, dove hanno trovato posto il Mirafiori Motor Village, il Centro Direzionale Abarth, il quartier generale della New Holland e la sede di FPT Fiat Powertrain Technologies.

Grazie a tutto ciò, Mirafiori è tornato ad essere un luogo vivo, dove si produce e dove si crea cultura industriale.
E' tornato ad essere un luogo di qualità, non solo per i prodotti che fa ma anche per l'ambiente di lavoro.
Infine, collaborando con le Istituzioni locali, siamo riusciti a trovare la migliore soluzione industriale, assicurando l'avvio produttivo di un nuovo modello ad alti volumi.
Il 16 ottobre del 2006, per la prima volta dopo quasi dieci anni, abbiamo assunto trenta ragazzi in fabbrica.
E' stata una giornata importante, per tutti, perché ha segnato un punto di svolta che sembrava inimmaginabile fino a qualche anno prima.
Non ho ricordato queste cose per vantarci. Non è nel nostro stile.
Guardare al passato non serve a cambiare il presente.
L'ho fatto solo perché vorrei fosse chiaro che l'attenzione e l'impegno che abbiamo dimostrato sei anni fa per Mirafiori sono gli stessi che sentiamo oggi.

Prima di entrare nel merito del piano che abbiamo studiato, vorrei ancora una volta evidenziare la necessità di intervenire, al più presto, per evitare di restare ai margini della competizione o, peggio ancora, di venirne tagliati fuori.
Non sono abituato a usare giri di parole e questo, a volte, può sembrare un po' crudo.
Ma la verità è che, in Italia, ci troviamo in una situazione difficile.
La nostra rete industriale è inefficiente e non è in grado, così com'è, di reggere il confronto con la concorrenza.

Non parlo dei competitors cinesi o indiani, ma parlo degli altri costruttori europei.
I motivi sono diversi e hanno a che fare in parte con il tipo di organizzazione del lavoro, ma molto di più con altre condizioni di svantaggio, più generali, dovute al contesto in cui ci troviamo ad operare in Italia.
Basta pensare che gli investimenti stranieri nel nostro Paese sono ridotti al minimo per capire quanto sia difficile insediare e mantenere qui un'attività industriale.
La Fiat conosce bene le realtà industriali e gli standard produttivi che esistono nel resto del mondo.

Conosciamo tutto ciò perché siamo un'azienda globale, che opera in tutti i continenti e in più di 190 Paesi. Siamo un'azienda che è riuscita a creare un insieme di attività industriali e commerciali, al di fuori dell'Italia, che ha più che compensato le perdite registrate nel nostro Paese.

Quello che possiamo e vogliamo fare, qui in Italia, è mettere questa esperienza a disposizione del Paese e intervenire per migliorare la nostra struttura industriale, in modo che possa competere a livello internazionale.

Capisco che talvolta possa essere rassicurante mantenere le cose come stanno, ma chiudersi in se stessi - in un mondo che non ha più confini - è un rischio per tutti quanti.
E' un rischio al quale non vogliamo esporre la Fiat, sapendo che, purtroppo, la cosa peggiore di un sistema, quando non è più in grado di competere, è che sono i lavoratori a pagarne – senza colpa – le conseguenze.
Quello che vogliamo fare è proteggere la nostra azienda e le nostre persone.
L'unica strada per riuscirci è trovare il coraggio di confrontarsi con gli altri e iniziare a giocare la nostra partita ad un livello più alto.
Credo che non ci sia merito nell'osannare l'Italia nei salotti o nei circoli chiusi.
Sono lodi che restano in famiglia e che non servono a renderla migliore.
E' molto più utile rimboccarsi le maniche e lavorare seriamente per ottenere questo riconoscimento dall'esterno, in modo che siano gli altri ad apprezzare quello che sappiamo fare.

La scorsa settimana abbiamo presentato la 500 negli Stati Uniti, al Salone Internazionale di Los Angeles.
E' stato uno dei momenti in cui mi sono sentito più orgoglioso di essere italiano.
La capacità creativa della Fiat, lo stile e il design che sono nati qui, a Torino, salivano in quel momento su un palco mondiale e venivano riconosciuti come una delle punte più avanzate del nostro Paese.
L'obbiettivo che abbiamo è molto semplice: estendere queste capacità creative al nostro sistema industriale per confrontarci con il resto del mondo.
Dobbiamo solo fare un passo avanti e decidere di volerlo davvero.

Questo discorso riguarda anche il modo in cui vogliamo affrontare il problema dei nostri stabilimenti e riguarda anche quello che vogliamo fare a Torino.
Mirafiori oggi sta attraversando un periodo difficile e il crollo dei mercati, che ha fatto seguito alla crisi economica e alla fine degli eco-incentivi in molti Paesi europei, ci costringe a far spesso ricorso alla cassa integrazione.
Ma non possiamo e non vogliamo rassegnarci a questa situazione.
Mirafiori è il cuore industriale della Fiat.

Ed è uno dei simboli della storia dell'auto.
E' nato, 71 anni fa, come uno dei più moderni stabilimenti al mondo, come l'avanguardia per un nuovo modello di produzione, in linea con i migliori standard tecnici.
E' nato con la chiara volontà di proiettarsi nel futuro.
Mirafiori è l'emblema della tradizione industriale di questo Paese e della cultura dell'auto che è nata a Torino.

Ha portato la Fiat nell'era moderna e ha accompagnato il boom economico dell'Italia, diventando un simbolo del nuovo benessere nazionale.
Dalle sue linee sono uscite le utilitarie che hanno motorizzato il Paese e alcune tra le vetture di maggior successo nella storia di questa azienda.
E' il più grande stabilimento che abbiamo in Italia ed è quello che ha la tradizione più solida, perché raccoglie l'esperienza di oltre un secolo di automobili.
Ma Mirafiori non rappresenta solo le radici storiche della Fiat, è sempre stato anche un simbolo delle sue capacità di sviluppo.
Le persone che lavorano a Mirafiori hanno sempre dimostrato di avere grandi capacità e di saper fare qualunque tipo di vettura.
Per questo, negli anni, è stato scelto sia per avviare i modelli ad alti volumi sia per costruire quelli più complessi, come i monovolume o le ammiraglie.
Ed è anche l'unico al quale, finora, è stata assegnata la produzione di vetture di tutti e tre i nostri marchi.
Le qualità tecniche e le competenze che si sono sviluppate in questa fabbrica sono un patrimonio di grande valore, difficile da trovare altrove.
Per tutti questi motivi, il progetto che abbiamo pensato è qualcosa di unico ed è allo stesso tempo un riconoscimento del livello di tecnologia e di qualità del lavoro che Mirafiori può offrire.
Il nostro piano prevede la formazione di una joint venture tra Chrysler e Fiat per portare qui, a Torino, una nuova piattaforma dagli Stati Uniti, che servirà per produrre auto e SUV di classe superiore, sia per il marchio Jeep sia per l'Alfa Romeo.
Si tratta dell'architettura più avanzata di cui disponiamo, che è nata come base per l'Alfa Romeo Giulietta e che si è poi evoluta ed è stata perfezionata in Chrysler.
Oggi è diventata la piattaforma universale comune ai due Gruppi, da cui nasceranno tutte le future vetture dei segmenti C e D, automobili e SUV.
I modelli che verranno prodotti a Mirafiori dalla nuova società non saranno venduti solo nell'Unione Europea. Più della metà è destinata a raggiungere i mercati di tutto il mondo, al di fuori dell'Europa, specialmente l'America.
Saranno vetture di punta di Jeep e di Alfa Romeo, i marchi più internazionali che abbiamo nei nostri due Gruppi e che hanno grandi potenzialità di sviluppo sul mercato globale.
Questa sarebbe la prima volta che uno stabilimento Fiat in Italia produce automobili per un'azienda straniera.
Finora, l'unica joint venture di questo genere riguardava i veicoli commerciali.
Sarebbe il primo esempio concreto, nel nostro Paese, di un impegno condiviso da un costruttore di automobili estero.
L'investimento che prevediamo è superiore a un miliardo di euro, suddiviso tra Fiat e Chrysler in maniera proporzionale ai volumi destinati ai rispettivi marchi.
Portare la nuova piattaforma americana a Mirafiori vuol dire garantire allo stabilimento la possibilità di produrre fino a 250.000-280.000 vetture l'anno.
Significa più di mille auto al giorno.
Chi conosce i volumi di produzione dell'impianto, sa che è dalla crisi della Fiat dei primi anni Duemila che non si raggiungono livelli del genere.
L'introduzione di un nuovo modello, nel 2006, è servito a risollevare i volumi complessivi, ma Mirafiori è sempre stato molto lontano da questi numeri.
Il 2010 si chiuderà con poco più di 120.000 auto prodotte.
Noi siamo disponibili a partire subito per mettere in pratica il progetto.
Se lo finalizziamo in tempi rapidi, saremo in grado di adeguare l'impianto alle nuove produzioni nel giro di un anno e mezzo.
In questo modo, potremo rispettare i tempi previsti per il lancio commerciale dei futuri modelli Jeep e Alfa Romeo, che potrà avvenire nel corso del terzo o al massimo del quarto trimestre del 2012.
Questo progetto è il primo esempio tangibile dell'impatto positivo che l'accordo con Chrysler avrà sull'Italia.
Realizzare i volumi previsti comporterà la saturazione degli attuali addetti e aprirà anche la strada ad una possibile crescita occupazionale.
Mirafiori ha tutte le caratteristiche per compiere il salto di qualità necessario per diventare una fabbrica internazionale, che produce auto per l'Europa come per il Nord America e altri mercati del mondo, e che lavora sia per Fiat sia per Chrysler.
Quando più volte ho detto che la partnership tra le nostre aziende non era solo un'ancora di salvezza per Chrysler ma era anche vitale per la Fiat, intendevo esattamente questo.
Grazie all'accordo, noi abbiamo la possibilità di risolvere il problema di sovraccapacità produttiva di cui il nostro settore soffre da decenni.
Non è possibile pensare di saturare gli stabilimenti facendo solo affidamento sul mercato europeo.

La domanda di auto, in Europa, è in grado di assorbire volumi che equivalgono a circa due terzi della capacità complessiva installata.
Di fronte a questa situazione, le alternative non sono molte.
O si razionalizzano gli impianti oppure si cercano nuove opportunità.
L'accordo con Chrysler ci offre la straordinaria opportunità di usare la rete industriale italiana per costruire vetture di qualità e di prestigio, destinate ad essere esportate in tutti i mercati.
Offre a Mirafiori l'opportunità di mettersi in gioco e di aprirsi al mondo.

Quello di cui abbiamo bisogno per realizzare il progetto è di assicurare allo stabilimento la possibilità di competere in questa sfida e di farlo con successo.
Mi riferisco alla disponibilità a modulare gli orari di lavoro e l'organizzazione interna in modo da permettere il massimo utilizzo dell'impianto.
Non abbiamo nessuna posizione preconcetta e nessuna rigidità sulle modalità necessarie per utilizzare al meglio la capacità produttiva.
Ci possono essere soluzioni diverse e si possono discutere.
Abbiamo solo bisogno di trovarne una, per lavorare con continuità e non perdere tempi di produzione preziosi.
L'unica cosa che chiediamo è di raggiungere un maggior grado di flessibilità e di produttività dello stabilimento.

Come tutti i progetti di valore, quello per Mirafiori non possiamo realizzarlo da soli.
Credo che sia indispensabile partire da una base comune.
Siamo disponibili al dialogo, ma una cosa deve essere chiara e condivisa fin dall'inizio.
Dobbiamo impegnarci, tutti quanti, per garantire le migliori condizioni di governabilità dello stabilimento.
Perciò, la prima – e la più importante – responsabilità da assumere è quella che, una volta raggiunto un accordo su queste modalità, dobbiamo rispettarlo.

E' un dovere che va preso con serietà e con coscienza.
Perché risponde ad un principio di correttezza e di rispetto reciproco su cui si basano non solo le relazioni industriali, ma tutti i rapporti umani.
Questa è una sfida tra noi e il resto del mondo e si può vincere solo se tutte le forze si uniscono e lavorano nella stessa direzione, solo se c'è una reale condivisione di intenti.
Per questo motivo vorrei che i primi ad essere convinti della bontà del progetto fossero i nostri lavoratori.
Sono loro che avranno la responsabilità e il privilegio di trasformare Mirafiori in un impianto di livello internazionale.
Potrebbe essere utile a tutti noi, in questa sala, sapere direttamente da loro, magari tramite un referendum, che cosa ne pensano.

Come avrete notato, non ho fatto cenno al fiume di polemiche che abbiamo vissuto negli ultimi mesi.
Vi confesso, però, che sono amareggiato per le accuse ingiuste e gli attacchi che sono piovuti sulla Fiat.
Si sono spese tante parole, forse troppe.
A volte stento a credere alle dichiarazioni che leggo, per quanto sono assurde e ingiustificate.

Ma non voglio che tutto ciò condizioni le nostre scelte, perché sono state fatte pensando al futuro industriale della Fiat in Italia, al futuro del Paese e delle nostre persone.
Vorrei piuttosto che la giornata di oggi servisse a tutti noi per ripartire da un foglio bianco, per iniziare a scrivere qualcosa di reale e di concreto.
Partiamo da quello che vogliamo realizzare, pensiamo a qual è l'obiettivo per Mirafiori.
Se siamo d'accordo su questo – nel trasformarlo in un grande stabilimento, nel ridargli il ruolo che merita – non ci sono ostacoli che non si possano superare.
Se condividiamo questa visione, è il momento di smettere di parlare e iniziare a lavorare per renderla vera.

Martedì scorso il presidente Obama e il Vice Presidente Joe Biden sono venuti a Kokomo, in Indiana, per incontrare i lavoratori della Chrysler.
Quella è una zona devastata dalla crisi economica, che compariva nella lista Forbes delle città americane destinate a morire.
Kokomo, grazie all'impegno del Governo, dei Sindacati e della Chrysler, tra pochi anni diventerà il più grande stabilimento di trasmissioni automatiche al mondo.
Non lo dico perché voglio fare paragoni tra l'Italia e gli Stati Uniti.
Sono Paesi completamente diversi, storicamente, culturalmente e anche per le caratteristiche del lavoro.

Ma penso che in questa storia ci sia un elemento che vale a livello universale.
Ed è il fatto che si possono raggiungere traguardi incredibili se c'è la volontà comune, se c'è la voglia di fare e di cambiare il proprio destino.
In questo senso, credo che Torino e Mirafiori siano il luogo ideale per avviare un percorso del genere.

Qui, la cultura del fare è qualcosa di solido e radicato.
E' un valore che la gente porta con sé dalla nascita e trasmette ai propri figli.
Mirafiori ha questa cultura nel proprio "dna", per la storia che ha alle spalle e per quello che ha dimostrato di saper fare.
Ha tutte le carte in regola per conquistare un ruolo da protagonista sulla scena internazionale.
Ha le qualità e la credibilità per compiere questa svolta.
E noi abbiamo l'occasione di aiutare questa fabbrica e la gente che ci lavora a costruire insieme il futuro che merita.

Questo darà inoltre alla Fiat e all'Italia la possibilità di rilanciare la propria immagine a livello internazionale, anche in Paesi che fino a poco tempo fa sembravano per noi impossibili.
L'appello che vorrei fare a tutti voi, oggi, è quello di tenere la politica fuori dalla porta e gli estremismi lontani dalla fabbrica; di lasciare le prove di forza ai deboli.
Portiamo invece a questo tavolo idee e proposte, portiamo la voglia costruttiva e l'impegno di fare qualcosa di valore.
Portiamo anche la disponibilità a rinunciare a qualcosa, nessuno escluso, in vista di un obiettivo più alto di un titolo sul giornale.
Lo dobbiamo in primo luogo ai nostri lavoratori.
L'appello è anche quello di stringere i tempi il più possibile.
Non possiamo permetterci di passare mesi a discutere.

Shopping24

Da non perdere

Per l'Italia la carta del mondo

Mentre la crisi reale morde più crudelmente, mentre i mercati finanziari saggiano possibili

In Europa la carta «interna»

Batti e ribatti sui nudi sacrifici degli altri, sull'algido rigore senza paracadute e prima o poi

La commedia di Bruxelles

Al Parlamento europeo è andato in scena il terzo atto di una commedia dal titolo: Regole per le

Guarguaglini: ecco le mie verità

«Ho sempre detto che ero innocente, le conclusioni delle indagini lo dimostrano: nell'archiviazione

Una redistribuzione di buon senso

Arrivano dal ministero della Giustizia le nuove piante organiche dei tribunali. Un intervento

Casa, la banca non ti dà il mutuo? Allora meglio un affitto con riscatto. Come funziona

Il mercato dei mutui in Italia resta al palo. Nell'ultimo mese la domanda di prestiti ipotecari è


Jeff Bezos primo nella classifica di Fortune «businessperson of the year»

Dai libri alla nuvola informatica: Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon,

Iron Dome, come funziona il sistema antimissile israeliano che sta salvando Tel Aviv

Gli sporadici lanci di razzi iraniani Fajr-5 contro Gerusalemme e Tel Aviv costituiscono una

Dagli Assiri all'asteroide gigante del 21/12/2012, storia di tutte le bufale sulla fine del mondo

Fine Del Mondo, Armageddon, end of the World, Apocalypse? Sembrerebbe a prima vista roba da