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Economia Gli economisti

Quegli amanti delle valute forti che ignorano del tutto la storia monetaria

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 18:23.

Gli amanti delle valute forti tendono a vedere la storia come una sorta di «Vite dei santi».
Citano con reverenza determinati casi di iperinflazione (la Germania di Weimar! Lo Zimbabwe!) ignorando bellamente qualsiasi esempio in senso opposto. Prendiamo il caso del deputato repubblicano del Wisconsin, Paul Ryan, capogruppo del suo partito nella commissione bilancio della Camera dei rappresentanti. Mi sento di poter dire con una certa sicurezza che Ryan non ne sa molto di storia monetaria.

In un articolo pubblicato il 21 novembre sul Milwaukee Journal Sentinel sulla sua marcata contrarietà al piano della Federal Reserve di iniettare altri 600 miliardi di dollari nell'economia, Ryan ha fatto una domanda interessante: «Citatemi il caso di una nazione nella storia che si sia arricchita svalutando la sua moneta». A tale proposito, come ha consigliato per primo Menzie Chin, un professore di economia dell'Università del Wisconsin che ha deciso di raccogliere la sfida lanciata da Ryan, andiamo a vedere l'analisi di Barry Eichengreen.

Eichengreen, professore di economia a Berkeley, ha scritto nel marzo del 2009 sulle pagine del Guardian: «Negli anni 30, quando tutti i Paesi, uno dopo l'altro, svalutarono la loro moneta, in effetti nessuno guadagnò competitività rispetto agli altri. E nessun Paese riuscì a uscire dalla Depressione attraverso l'export, perché non c'era nessuno a cui vendere quote supplementari di esportazioni. Ma l'importante non era questo. L'importante era che tutti i Paesi, uno dopo l'altro, allentarono la politica monetaria perché non dovevano più preoccuparsi di difendere il tasso di cambio. E questo stimolo monetario, avvertito in tutto il mondo, probabilmente fu il fattore che ebbe maggior peso nell'avviare e alimentare la ripresa economica».

Ma mi chiedo: che bisogno c'è di spingersi indietro fino agli anni '30 per trovare esempi in tal senso? Possiamo citare il caso della Gran Bretagna, che nel 1992, dopo aver svalutato la sterlina rispetto al marco, vide un forte rilancio dell'economia. O il caso della Svezia, che si riprese dalla grave crisi bancaria dei primi anni '90 con un boom delle esportazioni trainato dalla svalutazione della corona? O il caso della Corea del Sud, che si risollevò dai problemi economici del 1997-1998 sull'onda di un rilancio dell'export favorito da un won deprezzato. E che dire dell'Argentina, anche lei uscita dalla crisi del 2002 grazie alle esportazioni, trainate anche in questo caso dalla svalutazione del peso? E l'elenco potrebbe andare avanti.

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Tags Correlati: Barry Eichengreen | Fabio Galimberti | Germania | Menzie Chin | Paul Ryan | Università di Berkeley | Wisconsin

 

La verità è che non mi viene in mente un solo caso di ripresa finanziaria dopo la fine della seconda guerra mondiale che non sia stata trainata da una svalutazione della moneta.
Anzi, è questo che più mi induce al pessimismo: questa crisi è globale e quindi la consueta via d'uscita risulta inutilizzabile. Ora sono sicuro che i bastian contrari, specialmente i fan dell'oro, si inventeranno qualche altra spiegazione per tutti questi eventi storici. Ma ormai sono convinto che non riusciamo a fare tesoro della storia.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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