Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2010 alle ore 09:35.
«In Erinnerung an die Ursprünge einer grossen Automobilmarke». In onore alla tradizione di un grande marchio automobilistico. Firmato: Alfaclub Deutschland, maggio 2002. Una scritta forse profetica, quella che campeggia su una targa all'ingresso del museo Alfa Romeo di Arese. Quanta distanza e immaginazione ci possono essere tra il regalo di un gruppo di appassionati teutonici e la possibilità che un giorno possa essere Volkswagen a rianimare questa desolata landa postindustriale?
Da quando il gruppo di Wolfsburg ha dichiarato apertamente l'interesse per l'Alfa e soprattutto da quando alcuni suoi dirigenti si sono incontrati - più volte - con quelli del Pirellone, Arese ha ripreso a sperare sulla reversibilità del declino economico. Tutti sono ben consapevoli che al momento non c'è nulla di concreto, a cominciare dalla disponibilità di Fiat a vendere. E anche se questa ci fosse, e ammesso pure che i tedeschi comprassero, andrebbe risolta la difficile equazione con la fabbrica di Pomigliano d'Arco.
La regione Lombardia si è attivata per attirare i capitali e il know-how del primo gruppo automobilistico europeo su un sito di 2 milioni di metri quadri che altrimenti sarebbe destinato al moltiplicarsi di shopping mall. Al momento non è dato sapere quali siano state le promesse di incentivi, si sa soltanto che i tedeschi hanno fatto un sopralluogo dell'area e ne sono rimasti favorevolmente impressionati. Autostrade, ferrovie, aeroporti, Milano, Svizzera, tutto e tutti a poche decine di chilometri di distanza, e anche meno. Poi una cultura industriale radicata, quello che i geni del marketing chiamerebbero subito heritage. Occhi che guardano lontano possono già vedere gli ingredienti del rilancio.
«In questa fase i contatti passano sopra le nostre teste - dice il sindaco di Arese, Gianluigi Fornaro, del Pdl - ma sicuramente qualcosa si sta muovendo. Volkswagen che si compra Alfa Romeo e riapre i nostri stabilimenti? Non potrei che esserne felice. La priorità numero uno è l'occupazione e con un gruppo come quello tedesco avremmo le garanzie adeguate a riguardo. Comunque in città tutti ne parlano e continuo a ricevere telefonate».