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Economia Aziende

«Fiom ferma il cambiamento»

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2010 alle ore 07:46.

«C'è un sindacato, la Fiom, che non vuole portare avanti il cambiamento. La Fiat vive in alcuni stabilimenti una situazione di forte conflittualità, con tassi di assenteismo che arrivano all'11%: non è normale». Emma Marcegaglia parte da questa constatazione, per arrivare al passaggio successivo: «Marchionne non chiede particolari flessibilità, che noi siamo in grado di dare, ma di gestire al meglio gli stabilimenti, perché in alcune situazioni c'è un non controllo. Di fronte a chi resiste al cambiamento, la Fiat chiede un meccanismo diverso di rappresentanza».

È la prima volta che la presidente di Confindustria parla dopo il viaggio negli Usa e il colloquio newyorkese con l'ad Fiat, Sergio Marchionne, dove è stata tracciata la strada di un contratto dell'auto con la newco di Mirafiori che temporaneamente non sarà iscritta a Confindustria. L'occasione è la presentazione, a Roma, del libro di Raffaele Bonanni, leader della Cisl, "Il tempo della semina" e al tavolo ci sono tutti e tre i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, oltre al ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Il tema delle relazioni sindacali continua ad alimentare tensioni dentro il sindacato: all'inizio del dibattito, un gruppo di studenti dei centri sociali ha aperto uno striscione gridando slogan a favore del contratto nazionale e contro Bonanni. Sacconi e la Marcegaglia sono entrati da un ingresso laterale. «In questi giorni ho letto molte sciocchezze come "Confindustria delegittimata", oppure "Marchionne licenzia Marcegaglia". Marchionne può fare tutto tranne che licenziarmi, visto che ho la mia azienda. E non ho passato tutta la notte con lui, come hanno scritto, ma dieci minuti».

Battute a parte, è su questo aspetto che la Marcegaglia insiste rivolgendosi direttamente a Susanna Camusso, leader Cgil, che le sta accanto e che, entrando al convegno, aveva dichiarato, riferendosi alla Fiat: «Considerare la Confindustria una porta girevole non credo sia proprio una legittimazione. Il Lingotto utilizza la sua posizione di monopolio e pensa che si possano disfare le regole sulla rappresentanza. Non è l'unica azienda che si misura con la globalizzazione, eppure non tutte chiedono di mettere in discussione regole e contratto. Se così fosse, tutto diventerebbe una porta girevole con il rischio che di regole non ce ne siano più per nessuno».

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Tags Correlati: CGIL | Cisl | Confindustria | Emma Marcegaglia | Fiat | Fiom | Imprese | Italia | Maurizio Sacconi | Raffaele Bonanni | Sergio Marchionne | Susanna Camusso | Uil

 

Un approccio che la Marcegaglia non condivide: «Le regole sono importanti Susanna, ma non è detto che debbano restare immutate per sempre». E ancora: «Confindustria non è delegittimata: abbiamo oltre 150mila aziende associate, cerchiamo di capire ciò che vogliono, siamo in grado di dare la flessibilità che si chiede. Abbiamo avviato un cambiamento delle regole che ci ha portato al nuovo modello contrattuale e, nell'ambito della cornice generale, abbiamo cercato di dare più spazio al secondo livello. Ma se noi stabiliamo le regole, tutti devono rispettarle». Ecco quindi che torna il tema della rappresentanza e del rispetto degli accordi. «Proviamo ad andare avanti e rimuovere alcuni ostacoli: la Fiom e la Cgil facciano un passo avanti, altrimenti il rischio di procedere ognuno per conto proprio c'è e che si arrivi all'ennesimo accordo separato». E comunque la presidente di Confindustria è fiduciosa sul futuro del paese: «Servono le riforme, ma a differenza di Marchionne penso che ci siano ancora ragioni per investire in Italia: come azienda, lo sto facendo».

Ottimista su Fiat il ministro Sacconi, che ha avuto un colloquio riservato di un quarto d'ora con la Camusso: «Spero in un accordo entro Natale, non oso pensare di perdere un investimento di tale portata». Positivo anche Angeletti: «Faremo l'accordo e salveremo lo stabilimento di Mirafiori. Che si scriva contratto nazionale dei metalmeccanici o dell'auto mi fa sorridere: di contratti ne ho fatti tanti. Il mondo è cambiato, ci comportiamo come se non lo fosse. Marchionne vuole garanzie per gli investimenti che fa, ha un senso». A concludere è il padrone di casa Bonanni. Che si scusa per la contestazione: «Si dicono centri sociali, ma sono sempre fascisti. Non ce l'ho con loro ma con chi alimenta le turbolenze». E sulla Fiat: «Marchionne chiarisca gli investimenti e troveremo un'intesa, come per Pomigliano. Noi non verremo delegittimati se si adottano le linee guida della contrattazione».

L'attenzione è per la questione Fiat, ma il pensiero va anche alla crisi politica: «Non servono maggioranze risicate. Sarebbe meglio evitare il voto – ha detto la Marcegaglia – ma se è l'estrema ratio, lo consideriamo».

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