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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2010 alle ore 16:47.
MILANO – Silvio Berlusconi è riuscito a sopravvivere al voto di sfiducia, ma il suo partito è praticamente morto. Non è infatti possibile governare un paese con una maggioranza così scarsa. Almeno non per molto.
La decisione più importante che questo quarto governo Berlusconi è riuscito a prendere è quella di non decidere. Due anni fa’, quando la crisi finanziaria ha colpito il mondo, la scelta di Berlusconi è stata quella di non fare alcun intervento politico al fine di contrastare la Grande Recessione, contribuendo in questo modo alla più importante riduzione della produzione nella storia del dopoguerra italiano, con un ribasso cumulativo del PIL pari al 6,5%. All’interno del G-20, solo il Giappone ha registrato un risultato peggiore.
E’ considerevole il fatto che l’Italia abbia subito una perdita della produzione pari al doppio di quella subita dalla Francia, un altro paese OCSE che, come l’Italia, ha evitato di affrontare alla radice le cause della crisi: una serie di scoppi di bolle immobiliari ed una grave crisi bancaria. Il paradosso è che l’inazione del governo Berlusconi è riuscita a prevenire un maggiore deterioramento del deficit pubblico. Alla luce dell’attuale crisi di debito, che si sta espandendo nell’eurozona, i vantaggi di una politica basata sull’inerzia sono facilmente apprezzabili. Ad oggi, la posizione dell’Italia potrebbe essere di gran lunga peggiore.
I problemi dell’economia italiana e le questioni principali legate alla sostenibilità dell’enorme debito pubblico del paese affondano le radici nella crescita rallentata della produzione potenziale. Come rivela anche la struttura dei credit-default swaps sul debito italiano, gli investitori non sono tanto preoccupati, ad esempio, del budget del 2011, bensì delle condizioni economiche dell’Italia tra 5-10 anni.
E sono proprio questi problemi a medio termine che il governo Berlusconi ha tralasciato. Nessuna delle riforme strutturali necessarie per il miglioramento del potenziale di crescita dell’Italia -come ad esempio le riforme del mercato del lavoro e del sussidio alla disoccupazione, la liberalizzazione dei prodotti di mercato, il miglioramento del sistema educativo e le riforme della pubblica amministrazione al sud- è stata portata a termine, sebbene Berlusconi potesse contare su una solida maggioranza sia alla Camera che al Senato.