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Economia PMI

Freno delle banche sull'Iran

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2010 alle ore 08:15.


MILANO
Rischiano la beffa centinaia di imprese italiane che esportano in Iran con numeri da capogiro nel 2010. La merce è stata consegnata ma i soldi non arrivano, non perchè gli iraniani non pagano ma perché non si trova in Europa una banca disposta ad accettarli. La ragione non è tanto tecnica quanto piuttosto «reputazionale». A farne le spese sono grandi aziende ma anche una miriade di pmi che hanno consegnato la merce «ma non trovano una banca europea che confermi le lettere di credito emesse dalle banche iraniane» come spiega Luca Tosto, titolare della Walter Tosto di Chieti che produce pressure equipment (caldareria) per l'industria petrolifera. «Le lettere di credito sono l'unico modo per poter vendere in un paese com l'Iran» dove, peraltro, la Sace non opera più da tre anni. In ballo ci sono diverse centinaia di milioni di euro che attendono di essere sbloccati, anche se un calcolo esatto non esiste e c'è chi ipotizza cifre ben superiori, dell'ordine di qualche miliardo. Si tratta di esportazioni già autorizzate, nel rispetto delle regole comunitarie che impediscono, tra le altre cose, di vendere a Teheran materiali potenzialmente utilizzabili per sviluppare armi nucleari, missilistiche, biologiche e chimiche di distruzione di massa.
Cosa è successo? Nella prima parte dell'anno, in attesa delle sanzioni dell'Onu, il flusso di merci verso l'Iran è cresciuto in modo vertiginoso. Per esempio, nel settore delle macchine utensili e della robotica, nei primi 7 mesi l'incremento era stato del 384% e l'Iran figurava al quarto posto per volumi di importazioni dall'Italia, davanti addirittura agli Stati Uniti. L'impennata ha riguardato anche altri settori. Nella meccanica varia e affine, per esempio, secondo i dati Istat elaborati dall'ufficio studi Anima (Confindustria), l'export delle turbine a vapore è cresciuto del 236% nei primi sei mesi del 2010 , per non parlare del +257% delle macchine per la lavorazione del pane o quelle per i molini (+249%). Per l'intero settore meccanico, come ha affermato nei giorni scorsi il presidente di Anima, Sandro Bonomi, «è stato un vero e proprio exploit ma su cui non si potrà più contare fino a quanto ci sarà l'embargo». Beni non spesso inseriti nella black list dell'Onu che però stanno pagando la forte riluttanza del sistema bancario europeo a lavorare con controparti iraniane.

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Tags Correlati: Abi | Associazione dei Costruttori Italiani di Macchine e Attrezzature per Ceramica (ACIMAC) | Bilancia commerciale | Confindustria | Iran | Istat | Italia | Luca Tosto | Ministero degli affari Esteri | Onu | Sandro Bonomi

 

Dopo la risoluzione Onu l'export in Iran si è praticametne fermato, soprattutto per alcuni settori. Ma la cosa grave è che sono stati bloccati anche i pagamenti delle transazioni avvenute prima della risoluzione Onu, trasferita in un regolamento comunitario a fine ottobre. Le banche, spiegano le autorità di vigilanza, temono di compromettere i rapporti di affari con gli Stati Uniti e dunque, come conferma l'Abi, sulla base di scelte strategiche aziendali, decidono di limitare la propria operatività su un determinato mercato. Secondo l'Abi, tuttavia, questo atteggiamento non è generalizzato. Sarà. Ma tanto per citare un caso concreto, l'ufficio studi Acimac (macchine per la ceramica) ha stimato che le aziende del settore hanno maturato crediti per 50 milioni di euro sull'Iran che è il quinto produttore mondiale di piastrelle, appena dietro l'Italia, e dunque un cliente con potenzialità di crescita enormi. L'Acimac considera la situazione «del tutto ingiustificata anche perché si tratta di tecnologie che non soggette a restrizioni». Non solo. «Questo blocco rischia di favorire i concorrenti cinesi» che se ne infischiano del danno reputazionale con gli Stati Uniti. Le banche cinesi, infatti, come hanno spiegato diverse fonti intepellate, stanno sostituendo le banche occidentali nelle transazioni: il timore è che, una volta entrata in un business, la banca si porti dietro anche le aziende che operano nel settore.
Le speranze delle aziende sono aggrappate alla circolare interpretativa che il ministero dello Sviluppo, il ministero degli Esteri e il Comitato per la sicurezza finanziaria hanno diffuso una settimana fa. L'obiettivo è chiarire i dubbi procedurali sulle autorizzazioni delle transazioni finanziarie. Ma per sapere se funzionerà - sostiene l'Abi che ha contribuito all'elaborazione - bisognerà aspettare qualche mese. E mentre l'associazione dei costruttori di caldareria (UCC) propone di centralizzare i pagamenti con un istituto autorizzato, si discute anche l'introduzione dell'escrow account, un sistema che manleva le banche italiane.
giuseppe.chiellino@ilsole24ore.com
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