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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 15:15.
BRUXELLES – Se il Presidente francese, Nicolas Sarkozy, avesse scritto un prologo alla sua presidenza del G-20 che ha appena avuto inizio, non avrebbe potuto fare di meglio. Il periodo di preparazione al vertice di Seul è stato rovinato da una serie di controversie sulla valuta che hanno messo in primo piano la riforma monetaria internazionale. Mentre inizialmente le intenzioni della Francia di riformare il sistema monetario internazionale erano state accolte con gran scetticismo, ora, improvvisamente, la riforma sembra essere diventata la priorità giusta al momento giusto.
Il compito è tutt’altro che semplice, e l’argomento decisamente complicato. Negli ultimi 20 anni gli unici ad aver avuto un interesse per la questione sono stati gli accademici, pertanto non c’è alcuna proposta esaustiva sul tavolo delle negoziazioni.
Gli Stati Uniti, che vedono nella riforma monetaria internazionale una diminuzione del ruolo globale del dollaro, mantengono un atteggiamento in parte distaccato. La Cina, che ha invece lanciato l’idea, è ansiosa di dare una spinta alla discussione, ma non ha suggerimenti precisi. Ma poiché il tempo è a suo favore, non vede alcun motivo per accelerare il processo.
I paesi emergenti la pensano allo stesso modo. Vogliono vedere i propri problemi risolti, ma non sono pronti a riscrivere le regole del gioco. Il Giappone ha mostrato un interesse a riguardo, ma la sua visione sulla cooperazione monetaria regionale non corrisponde a quella della Cina. E l’Europa è sempre più distratta dalla sua crisi interna.
Ciò nonostante, la riforma monetaria internazionale rimane un’aspirazione legittima. Come sembra abbia detto una volta Vladimir Lenin la via più sicura per distruggere il sistema capitalistico è quella di corrompere la sua valuta. Principio che vale oggi per l’economia mondiale.
Quando le regole del gioco monetario globale sono poco trasparenti, inadeguate o obsolete, i paesi non possono rispettarle, ed alcuni potrebbero persino tentare di sfruttarle a loro vantaggio. Il che potrebbe minare il tessuto delle relazioni economiche internazionali.
L’agenda della riforma si concentra su quattro problematiche chiave. La prima riguarda le relazioni tra i tassi di cambio valuta. Per diversi decenni le valute dei paesi sviluppati hanno subito fluttuazioni le une contro le altre, ma ciò si è verificato solo in parte per i paesi emergenti ed in via di sviluppo. Molti fra questi, in particolar modo l’Asia ed il Golfo Persico, sono di fatto legati strettamente al dollaro, altri all’euro.