Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2011 alle ore 15:26.
PRINCETON – La crisi del debito sovrano dell’Unione europea costituisce una minaccia fondamentale non solo per l’euro, ma anche per la democrazia e il senso di responsabilità verso i cittadini. Al momento, i guai e i dilemmi di Eurolandia sono confinati in paesi relativamente piccoli, quali Grecia, Irlanda e Ungheria. Ma l’impressione è che questi governi abbiano infranto i principi fondamentali della democrazia.
La presidenza di turno dell’Ue sta per puntare i riflettori su uno di questi paesi. Il timone passa all’Ungheria, che si trova in un momento di intenso dibattito in relazione alla modifica della legge costituzionale e alla repressione della libertà di stampa, messe in atto dal Primo ministro Victor Orbán, nonché a una nuova ondata di timori rispetto alla sostenibilità finanziaria del paese.
L’Ungheria ha numerose ragioni per essere sensibile al tema delle conseguenze politiche del debito. Dopo tutto, il paese detiene ancora il record mondiale di iperinflazione, con una moneta che negli anni 40 si era deprezzata di un valore pari a 1027, così spianando la strada alla dittatura comunista.
I calcoli relativi al debito europeo sono incerti e instabili. Il consolidamento dei conti pubblici nei paesi del Mediterraneo potrebbe quindi funzionare, perché consentirà, a caro prezzo, di tornare ai normali piani di finanziamento. Ma se il nervosismo dei mercati persiste e i tassi di interesse restano alti rispetto ai tassi collegati al debito tedesco, considerato sicuro, il peso debitorio diverrà rapidamente insostenibile. Quindi, potrebbe essere una buona idea per l’Ue preparare un meccanismo che spieghi chiaramente come poter ridurre il debito.
Molti economisti hanno discusso tale circostanza in base a calcoli aritmetici. Ma la Banca centrale europea, per voce soprattutto del membro del comitato esecutivo della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, ha elegantemente spiegato le argomentazioni contro la riduzione del debito – una tesi politicamente significativa e profondamente morale. In effetti, il principio di non sottrarsi al debito pubblico è profondamente intrecciato allo sviluppo di sicurezza legale, governo rappresentativo e democrazia moderna.
Sulla scia della Gloriosa Rivoluzione del 1688, quando la Gran Bretagna si rivoltò contro la sprecona dinastia Stuart, il governo britannico adottò un nuovo approccio nei confronti del debito. Il voto sui budget in Parlamento (un’istituzione rappresentativa) garantì che il popolo fosse responsabile degli obblighi sostenuti dai loro governi. Un approccio costituzionale limitava la liberta di spendere in modo dissipato nella sfarzosa vita di corte (e nella rischiosa attività militare), che era stata il segno distintivo della monarchia autocratica nella prima età moderna.