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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2011 alle ore 09:14.
A dicembre i prezzi sono saliti dell'1,9% rispetto a dodici mesi fa e il 2010 termina con un aumento medio dell'inflazione dell'1,5 per cento. A trainare il costo della vita sono i forti rincari dell'energia, dei trasporti, di acqua e servizi e dell'abitazione. Un dato al di sotto della media europea (2,2%), ma quasi doppio rispetto al riscontro del periodo che ha preceduto la crisi (0,8%).
Che cosa significa l'aumento dell'inflazione per l'Italia? E' un rischio o un'opportunità?
LE RICADUTE SULLA FINANZA PUBBLICA
Franco Bruni, Università Bocconi di Milano
Non dobbiamo farci spaventare troppo dai dati sull'inflazione. Se il costo della vita dovesse salire ancora, tre sono i problemi che potrebbero caratterizzare il sistema Italia. Nel nostro paese, che ha un livello di prezzi piuttosto alto, il fenomeno sarebbe più marcato; la crescita dell'inflazione farebbe lievitare i tassi a lunga con ricadute sul debito pubblico; infine, gli aumenti allargherebbero le diseguaglianze sociali.
PIU' DIFFICOLTA' PER I MENO ABBIENTI
Francesco Daveri, Università di Parma
Più che un rischio l'aumento dell'inflazione è l'ennesima tassa sulle famiglie meno abbienti: pesa su luce, gas, servizi infrastrutturali che sono la parte principale dei bilanci di nuclei poveri. La capacità inutilizzata del manifatturiero è al di sotto del pre-crisi: se gli imprenditori usano servizi con prezzi alti non possono farli ricadere sul consumatore, ma devono cercare nuovi mercati. Da questo punto di vista, si può parlare di opportunità.
BASTA CHE NON SI TOCCHINO I TASSI
Riccardo Realfonzo, Università del Sannio
L'incremento dell'inflazione si deve alle pressioni sui prezzi delle materie prime generati altrove: è quindi un'inflazione importata. In Italia, come nella Ue, non è il costo della vita il nodo, ma la bassa crescita. La Bce potrebbe interpretare segnali di crescita dei prezzi al di sopra del target fissato al 2% e decidere di incrementare i tassi. In una crescita così flebile eventuali politiche monetarie restrittive sarebbero letali per i paesi più sotto pressione.