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Oasi Zegna, l'ecosistema fonde cultura e ambiente

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2011 alle ore 06:40.

di Maria
Bianucci Cent'anni fa. Il decimo e ultimo figlio di un orologiaio, appena diciottenne, fonda un lanificio a Trivero, nell'alto Biellese. I conflitti mondiali sono di là da venire, ma la rivoluzione industriale preme e sbuffa in ogni dove. Negli anni che seguono, i giovani cominciano ad abbandonare le montagne un pò perché costretti a partire per la guerra, un pò per andare a lavorare nelle fabbriche delle grandi città. Ma lui, che di nome fa Ermenegildo Zegna, è convinto che la somma di pecore autoctone, alpeggi a perdita d'occhio e almeno un telaio in ogni casa sia una straordinaria risorsa, e che quella terra abbia dinanzi a sé un'era di grande sviluppo.
Di pari passo al successo che riscuote, riuscendo a importare ben presto le fibre naturali più pregiate e ad esportare manufatti verso i mercati più prestigiosi, si fa strada il rapporto con la sua gente. «Un pò per gratitudine - racconta Laura Zegna - un pò intuendo che una buona qualità di vita, come diremmo oggi, avrebbe ripopolato il paese. Basti pensare che nonno Ermenegildo agli inizi degli anni '30 aveva già creato una sala convegni, una biblioteca, una palestra, un cinema-teatro, una piscina pubblica. E poco dopo, un centro medico e una scuola materna».
Già questa non sarebbe che la breve sintesi di un romanzo. Ma il sogno del capostipite degli Zegna è un altro. Proteggere la cerchia di Prealpi che circonda Trivero e inventarsi uno sviluppo turistico del territorio, al momento senza alcun appeal: montagne tristemente brulle, disboscate senza criterio per l'approvigionamento di legna da ardere, nessuna via di accesso ad eccezione dei sentieri dei pastori verso gli alpeggi, nessuna struttura ricettiva.
Per piantare alberi servirebbe almeno una strada. Ma perché allora non una spettacolare balconata sulla pianura? Zegna disegna personalmente una via lunga 14 chilometri che inizia a costruire nel 1938. Il cantiere va di pari passo con la messa a dimora delle conifere, che alla fine saranno cinquecentomila. Dodici anni dopo, la strada raggiunge i 1500 metri di altitudine. La località viene battezzata Bielmonte e nel giro di poco tempo, con la nascita di un albergo e due impianti di risalita, si trasforma in una nuova meta sciistica. Poi, non ancora appagato, traccia altri 12 chilometri che verranno realizzati in seguito da istituzioni pubbliche. Battezzata Panoramica Zegna, e abbellita da piantagioni di rododendri e ortensie, la strada dei suoi sogni diventa (ed è tuttora) il fiore all'occhiello di un'azienda il cui marchio è noto nel frattempo a tutto il mondo.

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Tags Correlati: Anna Zegna | Biellese | Cultura | Ermenegildo Zegna | Laura Zegna | Oasi Zegna | Trivero

 

Quando scompare, nel '67, il passaggio generazione è già compiuto. I due figli, Aldo e Angelo, ampliano la produzione per conquistare nuovi mercati, lasciando però il cuore dell'azienda dove affondano le radici. All'inizio degli anni '90 i nipoti decidono di riprendere il progetto turistico del nonno. Anna Zegna mette a punto un piano per trasformare l'intera area attorno alla Panoramica in un'oasi. Anzi, nell'Oasi Zegna. La famiglia approva e affida a Laura il compito di trasformarlo in una realtà "capìta, condivisa, partecipata". «Queste sono le parole di mio padre Aldo. Intendeva dire che senza il coinvolgimento della gente, non sarebbe servito a nulla. Valorizzare il territorio, riempirlo di contenuti, pensarlo come un prezioso ecosistema, significava dialogare con tutti gli attori presenti e magari immaginarne altri ancora».
Laura Zegna inizia nel 1993 a tessere la trama di quella tela immateriale indispensabile per offrire una nuova identità e un nuovo sviluppo alla sua terra. Costruisce la sua rete tra amministratori pubblici, allevatori, proprietari terrieri, gestori di strutture di accoglienza, non senza ostacoli. «Il principale era la diffidenza. La domanda sottintesa era perché mai facessimo una cosa simile. Però anche, quanta fatica a convincere le cuoche delle locande a riprendere le ricette delle nonne e proporre una cucina tradizionale».
Come simbolo un coleottero raro, il carabo, poi nuovi sentieri, segnaletica innovativa, percorsi dedicati alle mountain bike, tracciati in alta quota per skyrunners, 40 chilometri tra piste da sci e da fondo, 50 di sentieri percorribili con le racchette da neve, due cellule ecomuseali. E ovviamente un caleidoscopio di iniziative: dalle serate con le ciaspole, alle lezioni di botanica, alle passeggiate a cavallo, ai sentieri storici di frà Dolcino. E chissà che cos'altro, per le generazioni a venire. Della famiglia Zegna e di quella fortunata comunità.
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