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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2011 alle ore 07:45.
Era entrata da pochi mesi tra le tute blu di Mirafiori quando per le strade di Torino sfilava la mitica marcia dei 40mila, ma Caterina Gurzì, 54 anni e un posto sulla linea della Mito, se la ricorda bene. Da allora «ne ho viste di tutti i colori», racconta, nei suoi 32 anni di Mirafiori, e domani è pronta a votare no al referendum sull'accordo firmato il 23 dicembre. Dietro alla scelta, una miscela di ragioni pratiche e di principio, ma più di tutto a far impressione è l'idea di uscire dal contratto nazionale di lavoro: «Ho sempre fatto il mio dovere, perché adesso mi devono togliere i diritti che mi sono guadagnata sul campo?». In concreto, l'accordo non pesa tanto per la turnistica («Come già accaduto in passato, anche adesso siamo pronti a fare sacrifici»), quanto per la rimodulazione delle pause: «Ho 54 anni, non sono una ragazzina, devo tutelare la mia salute. E sono contraria a un accordo che mi fa lavorare più in fretta e non mi dà il tempo per riposarmi». Sì, perché le nuove pratiche imposte dal World class manifacturing, che per Sergio Marchionne equivalgono a un salto di qualità sul piano dell'efficienza, per Caterina significano solo «un'auto che passa ogni minuto e 20 secondi. Non c'è neanche il tempo di soffiarsi il naso».
Con una figlia di 30 anni disoccupata e un marito in pensione, lo stipendio pieno a fine mese è necessario a far quadrare i conti e per questo Caterina assicura che per lei come per buona parte dei colleghi «la priorità è il lavoro». Ma non teme che con l'eventuale bocciatura dell'accordo per Mirafiori possa profilarsi lo spettro della chiusura: «Ho sempre pensato che Marchionne stia giocando sporco: sta applicando la strategia della paura», sospira. «Perché voglio proprio vederlo assumersi la responsabilità non solo dei 5.500addetti che lavorano nello stabilimento, ma anche dei 40mila dell'indotto». Morale: il voto di oggi per lei non è l'ultima spiaggia, ma «in caso di fallimento sono convinta che si riaprirà la trattativa. E magari si riuscirà finalmente ad arrivare a un referendum vero, e non a un ricatto».
Ma.Fe.