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Economia Politica economica

Trichet teme l'inflazione Scatto dell'euro a 1,33

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2011 alle ore 08:01.

Riemerge in Europa il pericolo dell'inflazione. Ieri la Banca centrale europea ha sorpreso i mercati, dicendosi preoccupata del recente aumento dei prezzi al consumo. L'istituto monetario non ha segnalato una prossima stretta monetaria, ma ha certamente lanciato un campanello d'allarme nonostante la difficile situazione debitoria di molti paesi. Nel contempo ha esortato i governi nazionali a dare più poteri al fondo salva-stati.

«Vediamo nel breve termine pressioni inflazionistiche, principalmente a causa del prezzo elevato delle materie prime - ha detto ieri il presidente Jean-Claude Trichet durante la sua conferenza stampa mensile -. Ciò non ha cambiato la nostra analisi secondo la quale l'andamento dell'inflazione rimarrà in linea con la stabilità dei prezzi nel medio termine, ma detto questo dobbiamo seguire la situazione da molto vicino». Il tasso di riferimento, all'1% dal maggio 2009, rimane «ancora appropriato», ha affermato il banchiere centrale, ricordando però che la Bce è «permanentemente all'erta». Ma in dicembre i prezzi al consumo nella zona euro sono saliti del 2,2% annuo, sopra al limite del 2,0% e «più del previsto», ha ammesso Trichet. I rischi sul fronte dell'inflazione restano «bilanciati», ma «potrebbero spostarsi verso l'alto», ha aggiunto. Occorre quindi una svolta, con riforme «molto decise», sul mercato del lavoro, ha aggiunto Trichet in un'intervista trasmessa in video su Ansa.it: «Nel caso dell'Italia, il maggior problema per la crescita, visto dall'esterno, è la produttività del lavoro, che è la fonte della crescita».

La Bce non ha preparato il terreno per un prossimo rialzo del costo del denaro ma ha voluto lanciare un segnale. In molti paesi, dal Regno Unito alla Svezia, le aspettative di inflazione sono aumentate nettamente in questi mesi. Il consiglio direttivo vuole assolutamente evitare che ciò accada nella zona euro, in un momento peraltro nel quale la liquidità è molto abbondante e le stime di crescita sono regolarmente riviste al rialzo.
L'istituto monetario sa perfettamente che alcune banche commerciali sono molto fragili e che la crisi debitoria non è terminata ma prevale la preoccupazione per la presenza di tassi reali negativi. Peraltro, non crede che un costo del denaro più elevato debba per forza penalizzare gli istituti di credito: in realtà potrebbe permettere alle banche di avere nuovi margini di manovra nel mettere a profitto i diversi tassi d'interesse.

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Tags Correlati: Bce | Didier Reynders | Europa | Inflazione | Jean-Claude Trichet | Jürgen Michels | Wolfgang Schäuble

 

L'allarme dell'istituto monetario ha avuto un impatto sui cambi. L'euro ha guadagnato terreno contro il dollaro. Ieri in chiusura la moneta unica era a 1,3357 dollari contro i 1,3063 dollari di mercoledì. «Abbiamo deciso - commentava ieri sera Jürgen Michels, economista di Citigroup - di rivedere le nostre previsioni: ci aspettiamo ora un aumento del costo del denaro non più nel primo trimestre del 2012 ma nella seconda parte del 2011».
In questo contesto, è da notare anche la scelta di Trichet di insistere sul fatto che politica dei tassi e gestione della liquidità sono due attività ben diverse e separate. Ha lasciato così intendere che è possibile per la Bce aumentare il costo del denaro prima di eliminare del tutto le generose misure straordinarie di liquidità introdotte tra il 2008 e il 2009 dopo lo sconquasso finanziario.

Su un fronte più politico, Trichet ieri ha ribadito che la Bce è favorevole a modifiche «qualitative e quantitative» del fondo salva-stati (l'Efsf, secondo l'acronimo inglese dell'European Financial Stability Facility). Proprio in questi giorni si discute della possibilità di aumentare l'ammontare di denaro di questo strumento per consentirgli anche la possibilità di acquistare obbligazioni pubbliche. La Bce vede con favore questa ipotesi, che le permetterebbe di interrompere i suoi acquisti di titoli, sempre controversi.
Da parte tedesca, c'è ancora ufficialmente una certa freddezza ad accettare un aumento del valore del fondo salva-stati. Ieri il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha spiegato: «Capisco che dobbiamo discutere sul fatto che i 750 miliardi di questo strumento siano effettivamente messi a disposizione. Ma non si tratta di immaginare un'espansione del fondo». L'establishment tedesco è molto combattuto, in un anno peraltro di elezioni regionali.

Da un lato, il governo federale ha capito la gravità della situazione e vuole evitare un contagio della crisi debitoria alla Spagna, dove le banche tedesche sono esposte per 180 miliardi di dollari. Aumentare - o addirittura raddoppiare - la taglia del fondo come propone il ministro delle Finanze belga Didier Reynders sarebbe un segnale politico forte. Dall'altro però c'è la paura di creare azzardo morale, un atteggiamento che molti tedeschi vedrebbero di cattivo occhio.

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