Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2011 alle ore 08:08.
«Il sì al referendum di Mirafiori crea le condizioni per superare un passaggio critico. Il no avrebbe aperto una crisi senza prospettiva. Ho appoggiato il sì con una scelta di tranquilla razionalità. Troppi hanno invece sostenuto il no con l'entusiasmo malriposto dei tifosi. Adesso è tempo di rimarginare le ferite». Piero Fassino, in corsa per la poltrona di sindaco, ricorre al suo buonsenso e pragmatismo, caratteristiche politiche che gli riconoscono anche gli avversari. Domenica mattina, al Lingotto, ha presentato la sua candidatura («non c'era solo l'establishment canuto come hanno scritto i giornali – ironizza – c'erano oltre 1.500 persone fra giovani e anziani, operai e professionisti, in un clima secondo me di affetto e partecipazione»).
La lacerazione prodotta dal referendum resterà confinata alle Carrozzerie di Mirafiori o si estenderà all'intera fabbrica e alla città? E cosa intende per «rimarginare le ferite»?
Adesso tocca all'azienda, che ha ricevuto la fiducia della maggioranza degli operai e degli impiegati, definire bene i tempi del nuovo sviluppo di Mirafiori. Come intende spendere il miliardo e in che modo vuole rinnovare le linee produttive. Prima lo fa e meglio è. Si archivierebbe in maniera definitiva quel senso di soffocamento che tutti noi, che conosciamo le dinamiche di Mirafiori, abbiamo sperimentato negli ultimi anni, quando era evidente che poco alla volta lo stabilimento andava spegnendosi.
E nei confronti del cosiddetto fattore umano?
Non bisogna dimenticare che è stato un sì sofferto. Che l'intero mondo operaio, in questi anni, ha provato disagio, malessere e solitudine. Né si può girare la faccia dall'altra parte: è bene che il referendum di Mirafiori sia passato, ma non dimentichiamoci che con il World class manufacturing alcune condizioni di lavoro si appesantiranno.
Sì, ma come si fa a provare a ricomporre questa spaccatura?
Ora si passa alla fase attuativa e applicativa dell'accordo. Sarebbe un atto di saggezza da parte della Fiat coinvolgere tutti i sindacati. Anche quelli dissenzienti come la Fiom-Cgil. La fabbrica la si governa non solo con il comando, ma anche con il consenso.
E per quanto riguarda le crepe del contesto generale?
Serve un impegno di tutti. È necessaria la responsabilità del sindacato come quella di Confindustria per approdare nella maniera più rapida e indolore a un contratto sull'auto che riguardi la Fiat e le aziende dell'indotto. Quindi occorre ridisegnare con precisione e modernità l'intero perimetro della rappresentanza, ma senza sfasciare tutto. E, poi, la politica riparta dall'articolo 46 della Costituzione, quello sul diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende.