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Economia Aziende

Federmeccanica: «Contratti anche solo aziendali»

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2011 alle ore 07:50.

Ha aspettato che si chiudessero le urne di Mirafiori, con la vittoria del sì, per lanciare tempestivamente una proposta destinata ad incidere in modo profondo sulle relazioni sindacali: il contratto aziendale, per determinate situazioni, può essere alternativo a quello nazionale, fermo restando alcuni contenuti minimi.

È la grande novità emersa dal direttivo di Federmeccanica, messa nero su bianco con uno stringato comunicato ufficiale. Lunedì i vertici della Federazione ne parleranno faccia a faccia con i sindacati di categoria, convocati già prima di Natale per il 24 gennaio, per discutere di regole ad hoc per l'auto, che si tratti di norme specifiche o di un vero e proprio contratto.

Ma già ieri l'idea degli imprenditori metalmeccanici ha scatenato un forte dibattito, nella politica e nel sindacato, divisi tra favorevoli e contrari (vedi articolo in pagina). «Federmeccanica sta reagendo molto velocemente alla sfida del cambiamento, la proposta è un elemento di tempestiva modernizzazione», è stato il commento della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia.

Una risposta, ha aggiunto, a chi ha accusato Confindustria e gli imprenditori metalmeccanici di essere conservatori e poco inclini al cambiamento. Non è così, ha rimarcato la Marcegaglia. E si potrà andare avanti: la presidente di Confindustria ha ipotizzato, infatti, che la possibilità di applicare o il contratto aziendale o quello nazionale potrebbe essere estesa anche ad altri settori e «potrebbe avere un impatto» nella riforma della contrattazione del 2009.

«È possibile, ci stiamo ragionando, lo faremo anche con i sindacati», ha detto la Marcegaglia, puntualizzato due aspetti: la riforma indicata da Federmeccanica «non uccide» l'accordo del 2009, «si potrebbe dire che è prevista anche questa possibilità», né riduce il ruolo di Confindustria.

«Anche in caso di contratti aziendali Confindustria assiste le imprese, avrà sempre un suo ruolo. E comunque il mio obiettivo è mettere le aziende nelle migliori condizioni per essere competitive». Un punto di riferimento è la situazione della Germania, come si è modificata già dal 2005 e dove è possibile applicare un solo contratto aziendale: «Il risultatato è stato che solo il 7% delle imprese ha un contratto aziendale e le altre un contratto nazionale».

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Tags Correlati: Alberto Bombassei | Banca d'Italia | Comitato direttivo | Confindustria | Emma Marcegaglia | Federmeccanica | Imprese | Istat | Roberto Santarelli

 

I metalmeccanici faranno da apripista. Convinti che questa novità non determinerà una "morte" del contratto nazionale: «Federmeccanica ha 12mila aziende associate e il contratto nazionale sarà utilizzato da almeno 11.500», ha spiegato ieri Roberto Santarelli, direttore generale di Federmeccanica. Saranno soprattutto le grandi a manifestare questa esigenza, come ha dimostrato la vicenda Fiat. Con questa possibilità emersa ieri, le newco di Pomigliano e Mirafiori potrebbero entrare in Confindustria, spiega ancora Santarelli, senza dover definire un contratto dell'auto. Sulle stessa linea la Marcegaglia: «La strada per rientrare può essere quella proposta da Federmeccanica. Ritengo valide le parole che mi ha detto Marchionne: le due newco entreranno in Confindustria. Dopodiché, noi non obblighiamo nessuno, la decisione è volontaria». Ed ha aggiunto: «Federmeccanica fa la propria parte, come categoria, ma un argomento di questa portata ci vedrà al loro fianco».

Contemporaneamente va affrontata la questione della rappresentanza. Il comunicato di Federmeccanica lo sottolinea: serve la certezza dell'applicazione degli accordi. Ieri sia la Marcegaglia, sia il suo vice per le relazioni sindacali, Alberto Bombassei, si sono detti disponibili ad aprire il confronto, escludendo la legge. «Però non si è ancora trovato un equilibrio tra i sindacati», ha detto Bombassei, che ha giudicato di «buon senso» la proposta Federmeccanica: «Massimo rispetto per la sua autonomia, lasciamo che lavori».

Non potevano mancare riferimenti al governo e alla politica. Per la Marcegaglia, le vicende giudiziarie che coinvolgono il presidente del Consiglio «allontanano la politica dai problemi veri del paese». Sono altre le questioni da affrontare: «Una crescita molto bassa, innanzitutto. I dati Istat e Bankitalia fotografano l'Italia in grossa difficoltà, con un alto tasso di disoccupazione e una capacità di crescita che è tornata ai livello del 2001. Abbiamo bisogno di fare le riforme e risolvere i problemi».

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